mercoledì 24 ottobre 2012

Sleeper Tokyo, April 16, 1979

Jarrett
Garbarek
Danielsson
Christensen

Ecm Records


E’ il ritorno al passato di Keith Jarrett, più o meno sul finire degli anni ’70, tra i periodi più fiorenti per la sua attività, quello con il quartetto europeo, che qui ritroviamo composto da Jan Garbarek ai fiati, Palle Danielsson al contrabbasso e Jon Christensen alla batteria.  E’ un album live, peraltro doppio, una registrazione  effettuata a Tokyo il 16 aprile del 1979, tenuta nascosta per tutto questo tempo e ora tirata fuori forse in un momento di impasse nella produzione di Jarrett. Un doppio cd godibile dal primo all’ultimo minuto della sua durata, dal primo all’ultimo brano in esso contenuto. Un Jarrett illuminato e illuminante, in perfetta simbiosi con i suoi musicisti, sciorina alcune perle del suo ampio catalogo a partire da “Personal Mountain” che ha dato il titolo ad un suo precedente lavoro. A contrappuntarlo con altrettanta lucidità ispirativa è Garbarek con i suoi fraseggi densi di pronunciata vocalità, con i suoi guizzi e le sue invenzioni nelle parti improvvisative e una sezione ritmica che sprigiona frenesia ad iosa al punto da trascinare lo stesso leader che in qualche frangente abbandona il pianoforte e si da proprio alle percussioni. Ma la performance è intrisa anche di brani dalle atmosfere struggenti come la parte finale di questa prima traccia che introduce “Innocence” dall’ambient introspettivo caratterizzato dall’esclusivo dialogo pianoforte-sax che travalica ogni confine di generi fino ad aprirsi, facendo breccia nel cuore dell’essenza melodica del brano, con sax e pianoforte che viaggiano all’unisono affiancati dalla sezione ritmica del duo Danielsson- Christensen intenta a dispensare il suo prezioso contributo con rara delicatezza. E cosa dire di “Oasis” in apertura del cd n.2: umori world su un tappeto percussivo tribale nell'ampia l’ampia introduzione. Ed è allora che ci si accorge dell’identità unica di questo quartetto capace in quegli anni di esprimere  ciò che  oggi, a distanza di tempo, ci stupisce per l’inusitata freschezza, per l’equilibrio tra scrittura e improvvisazione, per la voglia di contaminazione così preponderante e coraggiosa. Un album prezioso quasi indispensabile se si è amato Jarrett nel passato.

 

martedì 23 ottobre 2012

Pine Barren

holus-Bolus

Prom Night Records


Questo è il secondo e ultimo cd del quartetto holus-Bolus che con questa produzione chiude la sua attività. Una realizzazione esclusivamente digitale  ad opera di un quintetto di cui è leader il sassofonista e clarinettista Josh Sinton al cui fianco troviamo: Jon Irabagon ai sax, Jonathan Goldberg, chitarra, Peter Bitenc, basso, Mike Pride, batteria e vibrafono. L’ensemble  opera nell’area fremente di innovazioni qual è quella di Brooklin e questa piccola etichetta, la Prom Night Records, veicola attraverso la rete la diffusione di quelle che sono in definitiva delle produzioni esclusive, come il mini cd Natura Morta firmato dal batterista romano Carlo Costa e come After Party (vol. 2​)​: Releasing Bound Waterfrom Green Material di Katherine Young. E come sono anche le undici  tracce presenti in questo cd  registrate lo scorso mese di agosto. Undici tracce che spaziano in un ambient contaminato di jazz, contemporanea e sonorità sicuramente molto vicine a quelle di un rock elettrificato con chitarre distorte che aggiungono una componente di forte impatto all’ascolto. Riuscita la combinazione dei due fiati: vibrante e sfaccettato di liricità quello di Shinton, quando si esprime al clarinetto; furibondo e travolgente quello di Irabagon, cosi come da sempre lo conosciamo. E poi il chitarrismo di Goldberg, a volte appena pronunciato altre volte dilagante ma anche raffinato, denso di forza ritmica: spesso lavora all’unisono con i fiati. Il resto, e non è poco, è opera della sezione ritmica con Pride più volte in evidenza con pregevoli solo e quando si propone al vibrafono e un Bitenc al basso che si mostra puntiglioso e presente in ogni momento. Mi lascia l’amaro in bocca apprendere che, come scrivo nell’introduzione, l’esperienza di questo quintetto è già archiviata ed è  in tal senso che ascoltare questo Pine Barren diventa quasi indispensabile per chi come me ama conoscere ogni sfaccettatura dell’inesauribile creatività  che contraddistingue la scena newyorkese.