martedì 10 giugno 2025

Armageddon Flower

Ivo Perelman

Matthew Shipp String Trio

Tao Forms

di Giuseppe Mavilla

Il sassofonista Ivo Perelman e il pianista Matthew Shipp sono musicisti prolifici, come dimostrano le loro discografie, hanno inciso insieme, in duo, trio o quartetto, ben 46 album fra cui gli ultimi due: Magical Incantation del duo Perelman-Shipp e WaterMusic del quartetto di Perelman con Shipp, Mark Helias e Tom Rainey. Di entrambi gli album trovate le recensioni in questo blog cliccando sui titoli degli album stessi. Va anche detto che i due prediligono la medesima tipologia espressiva, ovvero, l’improvvisazione e quindi la composizione istantanea che nasce senza che fra i partecipanti si sia stabilito un criterio da usare e senza avere fra le mani o nei leggii alcun che di scritto. Si inizia cercando una assonanza fra i protagonisti, una piccola frase sonora, una traccia espressa in quell’istante che possa essere da traino allo sviluppo del brano ed a cui ognuno dei presenti possa aggiungere il proprio contributo.

E’ ciò che accade anche in questo loro quarantasettesimo album insieme, che peraltro propone un incontro inedito perché questa volta Shipp ha coinvolto il suo String Trio che aggiunge al duo: Mat Maneri alla viola e William Parker al contrabbasso. Quattro i brani contenuti in Armageddon Flower tutti di notevole durata a partire dagli 11 minuti e 26 secondi della title track, per finire ai 21 minuti di “Tree of Life”. Quattro brani che vedono il quartetto straordinariamente coeso in un intenso esercizio di interplay, un quartetto stellare che si fregia delle vocalità espresse dal sax di Perelman e dalla viola di Maneri  mentre Parker e Shipp danno vigore ritmico alla performance ma non solo. Perelman è lirico come non mai, sembra aver abbandonato lo stridore che spesso mostrava in certe sue produzioni del passato, in alcuni casi il suo verbo sonoro riesce ad essere perfino struggente mentre la viola di Maneri lo affianca attraverso una  combinazione  empatica con il suo sax. Parker è un contrabbassista di straordinaria qualità anche quando imbraccia l’archetto e Shipp è sempre quel straordinario pianista, fuori dal comune, che oggi scrive pagine di jazz contemporaneo ogni volta che siede al pianoforte. 

E’ un incontro che non ha precedenti per i musicisti che ne sono coinvolti e questo per gli elementi musicali che vengono aggregati nelle quattro composizioni estemporanee che, non voglio assolutamente negare, hanno bisogno di vari ascolti per essere apprezzati. Quello che sorprende è come questi elementi, che potrei dividere in tre categorie: jazz, musica da camera e soprattutto musica improvvisata, vengano poi distribuiti nelle 4 parti o se volete nei 4 brani che compongono la selezione musicale dell’album. “Pillar of Light” abbatte ogni muro divisorio che possa immaginarsi tra  gruppo e ascoltatore, il quartetto cerca quelle assonanze di cui dicevo prima e che pian piano si rivelano ai protagonisti. Sembra di trovarsi di fronte ad una ballad, ma sarebbe riduttivo, Perelman è straziante, intenso, il suo sax sembra gemere mentre Shipp prova ad introdurre un breve solo affiancato da Parker. Poi il sax sale sulle altissime, all’unisono con la viola di Maneri e da lì a breve arriverà una sorta di interludio a placare gli animi del quartetto. 

“Tree of Life” è introdotto da un’affascinante danza a due, sax e viola, prima che un picco sonoro improvviso e totale alzi il tono della performance. Il flusso sonoro del brano si dipana tra fraseggi di sax e l’appassionante e inconfondibile pianismo di Shipp, qualche citazione di una frase già ascoltata, come se fosse, ma non lo è, il minuscolo tema del brano, porzioni di improvvisazione totale e anche un interludio, in questo caso prettamente cameristico e poi ambient di urgenza espressiva con protagonisti Shipp e Perelman. E ancora alternanza di pressione sonora incalzante e parti di assoluta magnificenza esecutiva, tra le quali ritroviamo anche un solo prettamente minimalista di Parker al contrabbasso. E’ Shipp a scandire il ritmo nell’intro della title track con un riff ostinato affiancato dalla viola di Maneri in primo piano, per un breve solo, in un brano dal finale cameristico. 

Si chiude con “Restoration” ambient da ballad, fraseggi di Shipp, il sax di Perelman sinuoso e lirico, poi il clima lievita c’è spazio per l’improvvisazione totale, intensa e viscerale, che muta in una sorta di sinfonia d’avanguardia con la viola di Maneri e l’archetto del contrabbasso di Parker in primo piano, il martellante pianoforte di Shipp e le acrobazie sonore di Perelman. Nel finale invece, per chiudere il brano, sessanta secondi di solo piano con Shipp e una struggente melodia. 

Questo è Armageddon Flower definitelo come ritenete, classificatelo dove volete, adulatelo o dissacratelo, quello che è certo  è che ci troviamo di fronte a un esempio di un nuovo modo di fare musica contemporanea. Io ne vado matto!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ottima recensione!