Adalberto
Ferrari’s LIQ
Zone di Musica

Immaginate un viandante che si muove su un
ipotetico e surreale pentagramma superandone i confini, vagando nel mare magnum
dell’improvvisazione jazz utilizzando un combo strumentale che ingloba fiati,
pianoforte e sezione ritmica contrabbasso-batteria. E’ un musicista errante, come
lo definisce il clarinettista/sassofonista
Adalberto Ferrari che con il suo LIQ, Los Identities Quartet, formato da
Rosario Di Rosa al pianoforte, Paolo Dessi al contrabbasso e Massimo Pintori
alla batteria ha inciso sette episodi musicali, quasi una suite, riversati in questa
produzione discografica. Wanderer, titolo
dell’album, definisce, così come esplicita il suo autore, il soggetto
principale di un’ avventura musicale che sorprende fin dal primo ascolto e che
coinvolge di volta in volta, nei successivi approcci, rivelando risvolti sempre
più fascinosi che tracciano un’identità musicale sicuramente complessa quale è
quella di Ferrari. Un musicista che non ama costrizioni stilistiche, che
dimostra di possedere estro e fantasia nel comporre e nell’eseguire quelle, che
di fatto, sono composizioni articolate con ampi spazi per l’improvvisazione. Quattro
di esse portano proprio la firma di Ferrari che ha concepito un album
concettuale con un tema musicale primario di base che si annuncia già dalle prime
battute della traccia iniziale “Wanderer – Insalata Matta” e che si ripropone reinventato
di volta in volta alla fine e all’inizio di tutti gli altri brani. La
reinventazione del tema è affidata a turno a ognuno dei quattro componenti che
si pongono in solitudine durante la declamazione di questo passaggio. All’interno
di ogni brano, invece, l’interattività e l’intensità della performance è
debordante e partecipata dall’intero quartetto con un’impennata nelle parti
improvvisate. Cambi di tempo, dialoghi a due, si alternano senza pause mettendo
in risalto non solo le peculiarità artistiche e tecniche del leader, che sono notevolissime,
ma anche la profonda sensibilità interpretativa di Rosario Di Rosa che al
pianoforte rivela aspetti forse sottovalutati del suo pianismo. Lo si apprezza
nei soli, dove la sua cifra stilistica si dimostra particolarmente pregevole, così
come nei contrappunti ed anche come compositore perché “Microtune n.5” tra le
composizioni più intriganti dell’album, porta la sua firma. E allo stesso modo si
apprezza la forza ritmica e la costanza partecipativa della sezione ritmica, che
rivela un raffinato e attento batterista quale è Pintori. Ascoltatelo quando
riesce a tracciare con i suoi tamburi il tema base legando la parte finale del
primo brano con l’intro della stupenda “Non è Gaia” dove ritroviamo un Ferrari lirico
e seducente. E non dimentico Dessi, contrabbassista dal tocco profondo e incisivo,
straordinario all’archetto in “Melodies” brano dal riff popolaresco che rilascia,
in un breve frammento, umori d’avanguardia in contrapposizione ad un groove jazzistico
che da lì a poco sopraggiungerà. Il contrabbassista è poi autore della
penultima traccia “Arcipelago Fantasma” brano in continua mutazione di climax,
fra tensioni free e sfuggenti armonie. In tutto questo pot-porri si innalza il
talento esclusivo di Ferrari che sa essere sorprendentemente dirompente e
viscerale così come delicato e struggente e se ne ha una conferma ascoltando la
stupenda “Lontano” brano che si sviluppa tutto in crescendo. Wanderer ha girato per qualche giorno
sul mio cd-player come unico oggetto d’ascolto e non solo perché dovevo
scriverne la recensione ma soprattutto per la sua ricchezza espressiva, per le
sue sfaccettature così assortite ma così magnificamente attinenti l’una all’altra.
Il musicista viandante, coadiuvato da i suoi compagni di viaggio, ha raggiunto
il suo fine perché Wanderer è indiscutibilmente
uno dei migliori album di jazz italiano di questo 2013.