martedì 11 febbraio 2020

Four

Satoko Fujii / Joe Fonda

Long Song



Quarto incontro discografico tra la pianista giapponese Satoko Fujii e il contrabbassista americano Joe Fonda, anche questo, come i tre precedenti, sotto l’egida dell’etichetta italiana Long Song. Un dialogo che continua, un confronto che è sintesi della loro collaborazione che non è documentata solo ed esclusivamente da questi quattro album ma continua anche attraverso i concerti che portano in ogni parte del mondo. Un altro percorso dei tanti che la Fujji ha in itinere, ognuno con un layout espressivo diverso dall’altro, in un ambient che predilige strutture libere che lasciano il campo all’inventiva ed alla estemporaneità.

Elementi questi sui quali entrambi i protagonisti di questo album lavorano da sempre, se consideriamo che le frequentazioni musicali di Fonda annoverano tra gli altri Anthony Braxton, Wadada Leo Smith e Archie Shipp mentre la Fujii è una musicista che, come ho scritto più volte, ama confrontarsi costantemente con un variegato ventaglio di musicisti attraverso i vari ambiti che la vedono impegnata anche a dirigere orchestre sia europee che americane, senza dimenticare la sua orchestra di Tokio. Estro e tecnica stupefacente per lei, con gli usuali suoi sconfinamenti dentro il corpo dello strumento; duttilità e autorevolezza per lui, timbrica cangiante per il suo contrabbasso. 

Come già in Tria, album del binomio, datato 2018, che ospitava un terzo musicista, Gianni Mimmo al sax soprano, questo Four vede l’inclusione del trombettista Natsuki Tamura, compagno di vita della Fujii, presente nelle due tracce finali delle sette contenute in questo lavoro. Ad aprire l’album è “Paintend by Moonlight” dove i due lavorano in sinergia scambiandosi effusioni liriche e pulsazioni ritmiche. La traccia seguente “Diamonds in The Rough” alza i toni con la Fujii incontenibile alla tastiera e Fonda che impugna l’archetto. Con “Cannot Do More” i nostri si concedono una puntatina in territori classici-cameristici di stampo contemporaneo mentre l’urgenza espressiva e la frenesia di “The Wind As It Bends” precedono la porzione più intensa e articolata dell’intero lavoro.

E’ “Stars in Complete Darkness” ventidue minuti di mutazioni sonore e imprevedibili stravolgimenti ambientali con Fonda che si alterna fra contrabbasso e flauto e con Tamura, alla tromba, che entra in scena con il suo campionario di suoni abrasivi. Si chiude con “”We Meet As 3“ denso di mugugni sonori sussurrati, ancora in pieno clima avant, tra i fraseggi della Fujii, le intemperanze della tromba di Tamura e le sciabolate dell’archetto di Fonda. Qui nulla è prevedibile, nulla è conforme al passato, al già ascoltato; qui si viaggia fra orizzonti avventurosi con la certezza di non annoiarsi.

Nessun commento: