Andrea Grumelli
Dodicilune
E’ un progetto dedicato al musicista jazz Keith Moore Red Mitchell il “Red Project” che il bassista Andrea Grumelli propone in questo cd edito dalla Dodicilune. Nato a New York nel 1927 e deceduto nel 1992 Michell era un multistrumentista, suonava infatti il contrabbasso, il pianoforte e il violoncello. Nel ’49 compare in varie orchestre tra le quali quella di Woody Herman, dove rimane fino al ’51, da lì sarà un’infinita ascesa di frequentazioni con musicisti di grande levatura come Red Norvo, Gerry Mullingan, Hampton Hawes. Nel 1968 Dizzy Gillespie lo scrittura per il suo gruppo e poi arriva il trasferimento di Mitchell in Europa dove suona fra gli altri con Phil Woods e Bobo Stenson. Questo per ricordare le tappe salienti della sua carriera mentre la sua discografia conta numerose collaborazioni, compare infatti in oltre mille incisioni e tra le sue composizioni troviamo anche un ampio songbook dal quale sono state riprese le nove songs riproposte in questo progetto.
Ad aprire le selezioni “Talking” che mostra subito le raffinatezze vocali della Giuntoli a suo agio su un ritmo impinguato di umori latini, poi le peculiarità stilistiche di Sannelli che colloca meritatamente in primo piano il suo vibrafono così da renderlo elemento identitario dell’espressività del quartetto. Dopo “Simple Isn’t Easy" apparentemente interpretato con nonchalance dalla Giuntoli ma nei fatti fluido e ben riuscito, arriva “Big N And the Bear” con l’esclusivo e fitto interplay fra il sax della Crisafile, sinuoso e swingante e il basso elettrico, straordinariamente composto e puntuale, di Grumelli, per uno dei brani più intensi dell’intero album. Allo stesso modo intenso ma anche struggente e lirico è “Its Always A Friend” altro momento da incorniciare che alza il livello dell’album e ribadisce l’essenzialità del vibrafono all’interno del combo.
E ancora come non citare “A Declaration of Interdependence” brano che sintetizza alla meglio il lavoro fatto da Grumelli e soci nella realizzazione di questo album, consentendo all’ascoltatore di perdonare al quintetto qualche scivolone, nella frivolezza, che in qualche brano sembra affiorare. Per il resto va ribadito il pregio del lavoro fatto da Grumelli e compagni, ovvero produrre un album che, per come realizzato, consente di far conoscere ad una platea non esclusivamente jazzistica, a cui un lavoro come questo non può non essere rivolto, un musicista la cui scrittura compositiva può essere d’ausilio per traghettare verso il jazz giovani appassionati, ancora impantanati nelle consumistiche dinamiche di discipline musicali prettamente commerciali.
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