mercoledì 4 giugno 2014

Obbligato

Tom Rainey

Intakt



Usiamo comunemente l'aggettivo “obbligato” per indicare qualcosa che non possiamo evitare, come ad esempio un percorso stradale o un compito da assolvere per forza di cose. Ma con “obbligato” si può descrive anche uno status di riconoscenza, verso qualcuno da cui si è ricevuta una cortesia estremamente gradita. Mi viene da pensare, non importa quanto ciò può esser vero, che il batterista Tom Rainey e il quintetto riunito per questo cd si siano sentiti in qualche modo obbligati ad omaggiare la tradizione, da qui il titolo usato, loro che oggi sono tra le punte di diamante della scena jazz internazionale. Il tutto si concretizza con la ripresa di alcuni degli standard piú importanti della storia della musica afroamericana ad opera di un combo che propone, accanto al batterista, Ralph Alessi alla tromba, Ingrid Laubrock al sax, Kris Davis al pianoforte e Dew Gress al contrabbasso. Cinque musicisti dalle peculiarità stilistiche ben definite e decisamente orientati verso ambiti di ricerca e innovazione del linguaggio jazz ma che in questo contesto sembrano concedersi una gioiosa pausa di riflessione. La ripresa si orienta su brani come “Just in Time” che in apertura delle selezioni ci introduce in flusso sonoro fluido e dialettico o sulla soffusa “In Your Own Sweet Way” firmata da Dave Brubeck, con i sinuosi e avvolgenti fraseggi dei due fiati e i contrappunti al pianoforte della Davis. Il quintetto non snatura l’essenza dei vari brani, non ne stravolge la struttura ma sceglie di reinterpretarli a proprio modo, giocando sulle qualità e sulle attitudine dei singoli musicisti in un gioco di reinvenzione dei brani che appaiono arricchiti da un esercizio improvvisativo costantemente attinente la geometria originale e le peculiarità armoniche dei brani stessi. Magistrali in tal senso le riproposizioni della monkiana “Reflections” o di “Prelude To A Kiss” di Ellington, introdotta da un solo di drumming, velato di umori tribali, ad opera di Rainey che accanto al raffinato Gress, al contrabbasso, da vita ad un’asse ritmico di rara pregevolezza. Suadenti  nel loro intreccio di dialoghi, in entrambi i brani, i due fiati e i fraseggi al pianoforte della Davis. Poi la virata  free-bop nella ripresa della “Yesterdays” di Kern ma il tutto appare ancora straordinariamente misurato e godibilissimo come solo i grandi musicisti sanno fare.

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