giovedì 30 maggio 2024

Words

Matteo Paggi

Aut

di  Giuseppe Mavilla

E’ in circolazione dallo scorso  15 febbraio  Words nuovo album del trombonista Matteo Paggi che dall’estate 2022 fa parte del quintetto di Enrico Rava “The Fearless Five”. Per  questo progetto Paggi ha coinvolto la flautista Iara Perillo, la violinista Irene Piazza, la contrabbassista Anja Gottberg, il batterista Anton Sconosciuto e un’altra violinista, Mona Creisson, in una traccia dell’album. Per Matteo Paggi questo è un lavoro ed un progetto che lui definisce laboratorio e che non si esaurisce con la pubblicazione di questo cd. 

Paggi attraverso il suo “Words” pensa ad un linguaggio globale, sintesi di varie espressività ed è per questo che i musicisti, che con lui hanno inciso questo album, sono tutti provenienti da esperienze musicali diverse come la musica classica, quella latina, il jazz, la contemporanea, solo per citarne alcune. C’è ancora da dire che Paggi pensa comunque anche ad un ampliamento di questa formazione in un contesto live ed è per questo che è stato attivato un crowdfunding. 

Come potete notare ci troviamo in presenza di un progetto ambizioso che ha già superato il primo stadio, ovvero la pubblicazione di questo cd, la cui registrazione è avvenuta nel marzo del 2022 ad Amsterdarm città dove Paggi risiede. Words è un lavoro tutto da scoprire, un insieme articolato di composizione e improvvisazione, un tentativo ben riuscito di accostare la modernità alla storia. Sei le tracce che ne compongono la selezione di cui quattro come dice Paggi: secondo il metodo di improvvisazione, mi viene di pensare ad una composizione con parti improvvisate ma prestrutturate, mentre le altre due, citando ancora una volta le parole di Paggi, sono registrazioni estemporanee, momenti free in cui ogni musicista cerca di completare la sfera sonora dell’altro.

Ad aprire le selezioni è “La Gente in Discoteca nel Futuro” con il trombone del leader a borbottare e farsi largo tra  gli archi, prima del suo armonizzarsi nel magma sonoro del brano. Le due tracce seguenti “Dreaming of Fossaverde” e “Speaking of Fossaverde” si dipanano, l’una dopo l’altra, senza interrompersi, con il contrabbasso in primo piano.  Nella prima virano verso la classica, nella seconda provano a celebrare con il trombone di Paggi l’arte del jazz. L’altra metà dell’album ci offre “Fossaverde” con il suo vagare fra classica del passato e classica contemporanea, per arrivare poi alla conclusiva “Mountain” a mio parere la parte più intensa e riuscita di tutto il  lavoro, quasi una suite di quattordici minuti che da  l’esatta idea di ciò che frulla nella mente ingegnosa di questo giovane e geniale musicista. 

Mountain si apre con il pizzicato del violino e con il flauto che sembra svolazzargli attorno imitando il ronzio di un insetto mentre il fronte sonoro lievità dispiegando energia e improvvisazione totale con il solo di trombone e batteria. Poi tutto si placa e prende forma un ambient minimalista dove  archi, violino e contrabbasso con l'archetto,  intonano una melodia scarna ma in qualche passaggio intensamente struggente, una sorta di nenia arricchita dalla vocalità  del trombone e da accenni di tecniche estese. Questa opera di Paggi affascina e sorprende, uno e più attenti ascolti sono dovuti.

 

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