Songlines
Che il batterista canadese Harris Eisenstadt sia
oggi uno dei compositori più creativi della scena jazz contemporanea è opinione
condivisa dalla critica più qualificata del settore. Nulla da obiettare perché
Eisenstadt è anche tra i più prolifici musicisti in attività e la sua
discografia, oltre che ampia, è notevolmente variegata. Questo è il terzo
capitolo dell’articolato progetto Canada Day, fin qui sviluppato in un unico
episodio in ottetto e in ben due in quintetto. Si tratta di una produzione più
che intrigante pubblicata all'incirca un anno fa, con il batterista affiancato
da Nate Wooley, tromba, Matt Bauder, sax tenore, Chris Dingman, vibrafono e
Garth Stevenson, contrabbasso. Il tratto compositivo del canadese si rivela di
natura sopraffina e ricco di liricità: una densa moltitudine di quadretti
sonori incastonati armonicamente tracciano l’esclusiva struttura di alcuni
brani come “Slow and Steady” e “Settled” mentre altre composizioni, inserite
nel cd, si esplicano attraverso dinamiche tipicamente jazz. Mi riferisco alle
susseguenti “A Whole New Amount of Interactivity” ed a “The Magician of Lublin”
composizioni dagli umori fluttuanti, con inaspettati cambi di tempo, in cui si
evidenziano il pregevole drumming del leader e le pulsazioni ritmiche del
vibrafono di Dingam e del contrabbasso di Stevenson. Ad esplicarne, invece, i
sussulti melodici è deputato Bauder in un intreccio condito dalla svolazzante
inventiva di Wooley. I due fiati sono splenditi nei loro dialoghi, nelle loro
sfide sonore intrecciate qua e là. Due espressività certamente eterogenee che
si incastrano a meraviglia nel quintetto. Nessun vuoto a perdere ma un
sorprendente esempio di originalità.
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