Thirsty Ear
Immenso come sempre il piano solo di Shipp come
già accaduto in passato in ognuno delle tante produzioni del pianista
americano. Immenso e dilatato per vari latitudini di genere. Tecnicamente
passionale e irripetibile, denso di frenesia e di trasporto, alterna cambi di
tempo a sottili riflessioni. Ė già dall'iniziale traccia, quella che da il
titolo all'album, che si evidenziano questo peculiarità, oppure
dall'alienazione quasi drammatica di “Surface The Curve”. Si rischia di
rendersi ripetitivi e monotoni a citare ogni brano come a stilare un catalogo.
Shipp è un torrente di note che il suo pianoforte restituisce incredibilmente veritiere
e reali. Emozioni vibranti di vitalità, riflessioni di stati d'animo e di
pensieri. Le sue mani premono sui tasti e rilasciano le elaborazioni sonore di
un straordinario musicista capace di esprimere la grandezza della coltraniana
“Giants Steps” in poco più di un minuto attraverso una personalissima
interpretazione o di passare alla dura e spigolosa “Uncreated Light” con
naturalezza e impensabile logicità. Una ragnatela di episodi che si susseguono
dispiegando una identità e nel contempo un appropriato divenire che conduce con
leggerezza e velocità verso la conclusione delle selezioni. Il tutto non prima
d'aver apprezzato l'atmosfera intensa e sottilmente lirica di ”Space Bubble” o
gli eloquenti fraseggi di “Nefertiti” di Shorter-riana memoria, fino alla
conclusiva, inarrivabile e irriducibile “The Indivisible”. Questo cd è nei
fatti un'altra prova superba di un musicista che ha innovato il rapporto con il
pianoforte, che ha saputo leggere nella tradizione metabolizzandone i tratti
essenziali. Un musicista che in solitudine o in connubio sa sempre distinguersi
e rivelarsi in tutta la sua magnificenza di artista.
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