Satoko Fujii Orchestra New York
Libra
di Giuseppe Mavilla
Dopo i recenti duetti con Ramon Lopez in Confluence, Tatsuya Yoshida in Baikamo, Joe Fonda in Four e dopo lo splendido solo Stone, (tutti recensiti in questo blog, per leggere le relative recensioni basta cliccare sul titolo di ogni album) la pianista Satoko Fujii torna a dirigere la sua Orchestra di New York, una vera e propria big band di 13 elementi con il meglio dei musicisti newyorkesi per quella che è l’undicesima registrazione dell’ensemble (la prima è datata 1997) e per quella che è una delle cinque orchestre che la Fujii dirige, le altre hanno residenza a: Kobe, Nagoya, Tokio e Berlino.
Lei stessa rivela come già in fase di composizione si è sentita ispirata da questi suoi musicisti e come gli stessi si siano sentiti a loro volta ispirati dall’arte musicale della pianista, qui in veste di direttore d’orchestra. Le composizioni incluse in Entity, esclusivamente pensate per la sua orchestra newyorkese, risultano come sempre strutturate ed articolate e lasciano ampi spazi ai soli, così si passa dal tema all’improvvisazione, da esplosioni sonore collettive ad interludi narrativi, in un vortice di generi che, come sa chi come me ascolta da anni le produzioni dell’artista nipponica, includono umori classici, orizzonti innovativi e una dichiarata propensione verso l'avant jazz.
E' la title track ad aprire l'album con una dirompente interazione tra la batteria di Smith e la sezione fiati ma presto sarà la lama affilata della chitarra di Cline ad infiammare d'energia la performance impinguata dalla ritmica mozzafiato di Smith. Tema in apertura e chiusura in “Flashback” e in mezzo i soli di Joe Fiedler e Oscar Noriega, dagli ampi e intriganti fraseggi il primo, introspettivo e ricercato quello del secondo.
E' un ambient cameristico tradotto dai fiati quello che ascoltiamo nell'intro di “Gounkaiku” poi esplode l'insieme orchestrale pomposo e illuminante prima dell'elegante melodia messa in gioco da David Ballou alla tromba, mentre in “Elementary Particle” l'apertura è del contrabbasso di Takeishi con linee morbide di interazione fra la sezione ritmica e i fiati, poi tutto si eleva e sarà il travolgente solo di Eskelin a dare una impronta indelebile all'intero brano. Si chiude con la struggente “Everlasting” che vede i soli in duo prima di Hasselbring e Tamura (tromba e trombone) e poi di Krauss e Laster (sax contralto e sax baritono).
Concluso l'ascolto si ha la chiara percezione di quanto sia ben amalgamata e collaudata questa big band e nel contempo si ha l'ennesima conferma del talento della Fujii sia come compositore che nella direzione di una orchestra.
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