sabato 24 novembre 2012

Dirigo Rataplan

Devin Gray
Dave Ballou
Ellery Eskelin
Michael Formanek

Skirl Records
 
  

Da Brooklyn ancora un giovane musicista di grande spessore, batterista e compositore, coadiuvato in questa sua recente produzione discografica da un terzetto stellare che propone Dave Ballou alla tromba, Ellery Eskelin al sax e Michael Formanek al contrabbasso. Si tratta di  Devin Gray, drummer dal curriculum fitto di esperienze a fianco di nomi importanti della scena jazz internazionale: Tony Malaby, Dave Burrell, Dave Liebman, Sam Rivers e molti altri. Questo suo Dirigo Rataplan stupisce per compiutezza progettuale, per ricchezza di contenuti, per lungimirante creatività e per una raffinata espressività costellata di rara eleganza sonora. Otto tele di luminosa interattività jazzistica nate dall’ispirata matita compositiva di Gray che si muovono tra scrittura ed improvvisazione, rese vive e fluttuanti dalle peculiarità stilistiche e strumentali dei quattro musicisti. Strutture cangianti dove convivono leggere melodie, spesso interpretate all’unisono dai fiati e una sofisticata attività improvvisativa in continuo divenire. Un percorso denso di situazioni godibili spesso intrisi di un’esclusiva originalità, un linguaggio che unisce avanguardia e free colorandosi a tratti di umori cool e dinamiche funky. Il front-line è ampio con i fiati così diversi, per natura e tipicità, ma così complementari: fluida e sfaccettata la tromba, essenziale e dalla timbrica asciutta il sax. Vagano affiancati, intrecciano i loro fraseggi, giocano a ribattersi nota su nota. Sulla stessa linea si pone la sezione ritmica con Gray e Formanek, elementi inscindibili nella raffinata geometria del quartetto. Il batterista ha un drumming pirotecnico e colorato intriso di rara capacità intellettiva e creativa mentre Formanek puntella con estrema eleganza ogni passaggio e mantiene costantemente attive le dinamiche esecutive. Non ci sono passaggi stridenti in una proposta inaspettata che Devin Gray e compagni hanno costellato di  episodi tutti d’ascoltare e riascoltare per dare luce e merito ad una produzione discografica eccellente.


lunedì 5 novembre 2012

Dialect Fluorescent

Steve Lehman Trio

PI Recordings


Il sassofonista newyorkese Steve Lehman, classe 1978, è tra i propugnatori dell’avanguardia jazz  ed ha più volte dato prova delle sue tendenze, non ultimo il suo curioso album in ottetto: Travail, Transformation and Flow. La scorsa primavera è invece arrivato questo singolare Dialetct Fluorescent inciso in trio con il contrabbassista Matt Brewer e il batterista Damion Reed. E’ un’inaspettata virata verso territori più rassicuranti che non denotano di certo una rinuncia a scelte già consolidate bensì rispetto verso la tradizione e voglia di mantenere viva comunque una relazione di cui non si può fare a meno. Nasce con questo intento il cd di cui sto scrivendo dove accanto a cinque composizioni originali, firmate dallo stesso Lehman, troviamo quattro reintepretazioni di altrettanti brani più o meno celebri. E’ un Lehman dal piglio nervoso, coadiuvato da una ritmica pulsante assicurata dal duo Brewer-Reed, ma l’apertura è una solitaria intro del leader: “Allocentric” subito ripresa in trio sulla traccia seguente a definire il layout dell’album: fraseggi fulminei del sax alto di Lehman, liricità passionale e ostinata. Con questi presupposti viene riproposta "Moment’s Notice” di Coltrane che scorre veloce attraverso un’urgenza espressiva incalzante che non trascura alcun dettaglio. Ancora una non indifferente tensione attraversa i quattro, e poco più minuti, dell’originale “Foster Brothers” prima della nostalgica “Jeannine” di Duke Pearson dove i tratti bop, finora appena intravisti, si fanno più netti anche se pur sempre velati di modernità. Incessante la scansione ritmica del  contrabbasso di Brewer  e lo scoppiettante percussionismo di Reed nel reprise di “Pure Imagination” che riconduce al film Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato  perché il brano è parte della colonna sonora di quell’opera cinematografica. E' intriso di questi climi, Dialect Fluorescent, anche nella sua parte finale quando Lehman omaggia uno dei suoi grandi maestri, Jackie McLean, l’altro é Braxton, riproponendo “Mr.E” dello stesso sassofonista. Un album in cui sorprende la capacità del sassofonista newyorkese e del suo trio di muoversi con omogeneità espressiva fra brani originali e riproposizioni di standard, segno questo di grande maturità e audace visione della realtà jazz dei nostri giorni.