domenica 29 luglio 2012

If Not – Progetto Guzman (omaggio a Mario Schiano)


Angelo Olivieri - Alipio C. Neto (doppio trio)

Terre Sommerse


Il progetto Guzman, nato da un’idea di Paolo Carradori, giornalista e insegnante di musica jazz, è dedicato ad uno dei musicisti più creativi del  jazz italiano: l’indimenticabile sassofonista  Mario Schiano deceduto nel maggio del 2008 che Carradori aveva conosciuto a Roma nel 1968. Un omaggio sentito e partecipato, realizzato nel 2009, per celebrare  il musicista napoletano e il quarantennale del concerto del suo trio svoltosi  ad Orbetello nel settembre 1969, peraltro organizzato dallo stesso Carradori. Un progetto che ora è diventato un cd grazie all’etichetta discografica Terre Sommerse che insieme a Carradori e alla ex moglie di Schiano, Rita Cosma,  ne firma la produzione. Un cd denso di riflessioni e stimoli che prendono vita dalla musica del sassofonista che ancora oggi si mostra attuale e ricca di intuizioni esclusive. Creatività e libertà espressiva furono le fondamenta dell’opera di Schiano e in questo album, che vede impegnato un gran numero di esponenti del jazz italiano, questi elementi sembrano perpetuarsi all’infinito. Ma vado per ordine e comincio con evidenziare la struttura primaria che caratterizza il cd che vede impegnati in contemporanea due terzetti di musicisti: Angelo Olivieri, tromba, Silvia Bolognesi contrabbasso e Marco Ariano, batteria, da una parte; Alipio C.Neto, sax, Roberto Raciti, contrabbasso e Ermanno Baroni, batteria, dall’altro. Sei musicisti protagonisti a turno in trio o insieme in sestetto che si contrappuntano, dialogano, si confrontano, con ampie parentesi improvvisative, sia sui brani originali che su quelli ripresi dal repertorio di Schiano. “If not ecstatic we refund” é riproposta  in due diverse versioni e poi ancora ritroviamo “A Sud” e “Song”. Le tracce originali firmate sia da Olivieri che da C.Neto ripropongono il climax inconfondibile del verbo di Schiano ma non tutto è stato ancora rivelato perché il cd è talmente ricco e articolato da apparire anche interminabile. Mi capita così di imbattermi in tre momenti estemporanei che vedono coinvolti altri musicisti oltre quelli già citati, ovvero: Giancarlo Schiaffini, Eugenio Colombo e Pasquale Innarella, ai fiati e Ivano Nardi alla batteria. Ma non è finita perché è bene non dimenticare un’ inusitata versione di “Lover Man”, la riproposta di “Dicitencello Vuje”, il classico della canzone napoletana, affidata all’estro vocal-jazz di Maria Pia De Vito e una breve, ma quasi fedele, reinterpretazione, per doppio trio, di “Accarezzame” di cui è autore il maestro Pino Calvi. Due momenti, quest’ultimi, che mi sembrano stridere con il resto dell’album e il cui inserimento nella selezione mi sento di non condividere. Due momenti che ritengo i soli nei di un’opera importante, al di là della componente celebrativa e affettiva nei confronti di Schiano, che esprime, proprio come il jazz del sassofonista, idee innovative e pulsanti….. materia fertile per il futuro del jazz italiano.

domenica 15 luglio 2012

The Bleeding Edge


Parker / Lee / Evans

Psi Records 


Un trio esclusivo quello formato dal sassofonista Evan Parker, dalla violoncellista Okkyung Lee e dal trombettista Peter Evans, tre musicisti di diversa nazionalità ed estrazione culturale, tre diversi percorsi musicali accumunati da una comune tendenza alla sperimentazione. Il primo è un veterano che non ha bisogno di presentazioni, la seconda, di origine coreana, vive ormai da quasi dodici anni a New York e respira i fermenti multiculturali di quella metropoli e in questi anni ha collezionato frequentazioni con musicisti di grande levatura tra i quali: Laurie Anderson, Nels Cline, Vijay Iyer, Ikue Mori, Lawrence D. “Butch” Morris,  Wadada Leo Smith, Tyshawn Sorey e John Zorn. Di Evans sarete già a conoscenza se leggete questo blog per via delle recensioni di “Gost” album a suo nome e di “Electric Fruit” in trio con il batterista Weasel Walter e la chitarrista Mary Harvolson. Il contesto di questa incisione dal vivo, ripresa il 4 maggio del 2010  al St. Peter’s Church Whitstable, nel Regno Unito, è una performance all’insegna della totale improvvisazione: poco più di sessantotto minuti immortalati in undici brani, sei dei quali interpretati in trio e cinque in duo. Ne sono interpreti tre musicisti avvinghiati in un gioco di eloqui sonori imprevedibili che da luogo ad una fitta ragnatela di interazioni in cui i suoni dei tre strumenti sembrano confondersi e scambiarsi le rispettive identità timbriche originarie. Un flusso sonoro lacerante che sorprende per improvvisi ma brevi squarci armonici con il sax di Parker maestoso e disarmante spesso impegnato al fotofinish con la tromba di Evans, musicista esageratamente illimitato nelle sue invenzioni fiatistiche. Tra i due si inserisce in splendida simbiosi la violoncellista coreana e la performance scorre densa di sorprese e invenzioni. I tre si muovono in ambiti che travalicano equilibri standardizzati e mirano ad instaurare un dialogo che viaggia sulle coordinate dell’avanguardia dove nulla è già sentito. Ogni episodio ha una sua caratterizzazione e una sua esclusività, sia quando ad esserne protagonista è l’intero trio ma anche quando si opta per un dialogo a due. Tra questi ultimi particolarmente riusciti mi sono sembrati “Duo 3” con protagonisti Parker ed Evans e “Duo 4” con la Lee ed Evans. 

venerdì 13 luglio 2012

Snakeoil


Tim Berne

Ecm


Il sassofonista Tim Berne approda alla Ecm e da vita a questo album a fianco di tre musicisti con  i quali lo scorso anno è stato tra l’altro in tournée anche in Italia. Identificati come Los Totopos oggi Oscar Noriega, clarinetti; Ches Smith, batteria e Matt Mitchell, pianoforte si liberano di questo appellativo rimanendo comunque a fianco di Berne in quello che può essere definito l’album che segna una sorta di svolta nella produzione del musicista di Syracuse. L’approdo all’etichetta tedesca è certamente una tappa importante per qualunque musicista e Berne la caratterizza con una produzione per certi versi ragionata, riflessiva, composita e di certo non esente di quel furore improvvisativo, alla Berne, che molti di noi conoscono. Sei composizioni strutturate con raziocinio ed equilibrio che inglobano temi raffinati, riff accattivanti e parentesi cameristiche. Composizioni intrise di un alto grado di interplay, sui quali si ergono gli spunti inventivi in primo luogo del leader, sempre espressivo e travolgente, con le sue incursioni fiatistiche. Ma Berne non è il protagonista assoluto della produzione e non il solo a brillare: il quartetto infatti si mostra perfettamente equilibrato per concezione musicale, per capacità interpretative, per condivisione di forme musicale stupendamente architettate che evidenziano una progettualità partecipata di tutto il quartetto. Inoltre Mitchell, Smith e Noriega esibiscono nell’arco delle sei composizioni tutte le loro singolari peculiarità con il pianista capace di liberare ritmo propulsivo a fianco dei due fiati ma anche prezioso cesellatore di un fraseggio cangiante, magnificamente aderente agli ambiti che di volta in volta si susseguono. E poi Noriega magnifico escursionista di tortuosi fraseggi e di corpose interazioni con il sax di Berne e non tralasciando Smith magistralmente capace di dare il contributo più calzante in ogni frangente delle sei parti dell’opera. Un’ opera che si ricorderà nel futuro come una delle più rappresentative del jazz di questi anni.