martedì 28 giugno 2016

Convallaria

Thumbscrew

Cuneiform


Dopo il primo album omonimo il trio di May Halvorson, chitarra, Michael Formanek, contrabbasso e Tomas Fujiwara, batteria, ritorna con una nuova produzione. Un lavoro che conferma ancora di più quanto sia stato arguto da parte dei tre protagonisti intuire l’effettiva opportunità che poteva offrire a loro stessi e a noi appassionati ascoltatori, l’unione di tre individualità uniche nel jazz contemporaneo. Sull’esclusività di una musicista come Mary Halvorson mi sono espresso più volte e devo confessare che mi sento di ribadire ogni volta di più, quanto ci fosse bisogno di un’ artista come lei per rivalutare o comunque reinventare il ruolo della chitarra in un ambito jazz. Su Formanek che non è necessario aggiungere altro se non affrettarmi a recensire il suo e dell’ensemble Kolossus The Distance, mentre continua a sorprendermi Fujiwara che in questo ambient si rivela una volta di più fantasioso e raffinato. Ed è così che l’ascolto delle undici tracce fluisce meravigliosamente scandagliando un ampia gamma di intrighi sonori. Tutto è stato generato durante le due settimane di residenza del trio presso la City of Asylum  di Pittsburg, un luogo pensato per poeti in esilio, da qualche tempo aperto a una vasta gamma di artisti tra i quali anche a musicisti. Ebbene i tre hanno messo su undici composizioni originali con le quali tessano una fitta ragnatela sonora fatta di sofisticate interazioni in ambiti che inglobano dinamiche jazzistiche di stampo avant, sfaccettature rockeggianti, velate inflessioni country ed sfumate melodie esotiche. Dall’iniziale  “Cleome” con i suoi risvolti rock, alla conclusiva, quasi danzabile “Inevitable” è tutto un susseguirsi di variegate combinazioni musicali tra le quali vanno citate la ritmica jazz di “Barn Fire Slum Brew”e l’intrigante vibrato di “Trigger” a seguire la solitaria intro di Formanek al contrabbasso; il trionfo dell’elettronica in “Screaming Piha” e i cambi di tempo della title track; i bagliori free di “Tail of The Sad Dog” e le nervose incursioni di “Danse Insensé”; Un festival di suoni e colori tutto da godere.

giovedì 23 giugno 2016

A Cosmic Rhythm With Each Stroke

Vijay Iyer / Wadada Leo Smith

Ecm


Ancora un incontro a due per il trombettista Wadada Leo Smith dopo le sontuose opere in ensemble più ampi negli ultimi anni. In questo nuovo album che vede il suo ritorno alla Ecm troviamo  al suo fianco il pianista Vijay Iyer entrambi alle prese con un’ opera che celebra un’artista indiana il cui nome è Nasreen Mohamedi. A lei è infatti dedicata una suite in sette movimenti che occupa quasi l’intero album con un brano di Leo Smith che la precede e uno Iyer che gli si accoda. Una performance intensa e vissuta in ogni piccola porzione per due musicisti che appartengono a due generazioni diverse eppure risultano essere fortemente ammirati l’uno dell’altro. Ricordo che Iyer ha fatto parte del Golden Quartet che ha accompagnato per molto tempo Leo Smith, due musicisti comunque fra i più interessanti oggi sulla scena del jazz internazionale. Dopo l’iniziale “Passage” una sorta di rilassata e meditativa introduzione all’ascolto dell’album,  è la tromba di Leo Smith a squarciare l’ambient rarefatto dell’intro di “All Becomes Alive” condizionato solo dal loop di un’elettronica di cui si prende cura Iyer. Nel resto del brano ci si imbatte sull’ostinata nota di basso che accompagna prima i preziosi fraseggi al pianoforte del pianista indiano e poi il dialogo fitto fra quest’ultimo e Leo Smith.  Tensioni free costellano “Labyrints” traccia n.4 e un dialogo tra minimalismo e suoni asettici straripa da “Uncut Emeralds”. A chiudere ci pensa “Notes on Water” brano extra suite firmato dal pianista, che sembra proiettarci verso spazi ancestrali. Un’opera questa della coppia Leo Smith / Iyer straordinariamente affascinante e inesauribile fonte emotiva. Indispensabile.


mercoledì 22 giugno 2016

Saadif

Hyper + Amir ElSaffar

nusica.org


Nuovo progetto per tre dei più rappresentativi musicisti che orbitano attorno all’etichetta nusica .org. Sono il sassofonista Nicola Fazzini, lo specialista di chitarra basso, acustica, Alessandro Fedrigo, vera anima dell’etichetta, è lui che l’ha pensata e creata e il batterista Luca Colussi. Si chiama Saadif ,ovvero, incontro e segna la loro collaborazione con  il trombettista iracheno, nato a Chicago ma oggi cittadino newyorkese, Amir ElSaffar, di cui vi ho raccontato a proposito del suo album Alchemy, potete leggerne la recensione qui. Una collaborazione che affianca la matrice jazz europea, fatta di ricercate strutture compositive, da sempre insite nelle produzioni dei tre musicisti italiani, con la musica araba-africaneggiante di ElSaffar. Il risultato è una selezione di pregevoli brani, sei per l’esattezza, che si apre con“Mono Esa Tono”  una ben riuscita coniugazione di passato e presente, di tradizione e contemporaneità. Poi arrivano le orientaleggianti esternazioni vocali di ElSaffar, nell’intro di “Kosh Reng”, quasi una nenia rituale araba che precede l’arrivo di un flusso ritmico ostinato ed ipnotico, splendidamente scandito dalla coppia Fedrigo-Colussi a supporto degli interventi ai fiati del binomio Fazzini-ElSaffar che opera in perfetta simbiosi. Ricca di simili effusioni sonore è anche “13th of November” diversa strutturalmente ma officiante, armonicamente, l’universo arabo. Tra ritmi velatamente funky e inflessioni post-bop si snodano “Hyper Steps” e “Futuritmi” già incisa in una precedente produzione dall’XY Quartet di cui fanno parte i tre musicisti veneti; mentre “Human Tragedy” in chiusura dell’album sembra avvicinare il suono dell’ensemble verso ambiti più mediterranei. Un’opera, questa numero nove di nusica.org, perfettamente riuscita nel suo intento di celebrare musicalmente l’incontro oriente e occidente. Un magnifico esempio di sintesi tra modern jazz ed elementi propri  della cultura musicale araba come il maqâm, che il trombettista iracheno ha già metabolizzato nel suo layout espressivo.


giovedì 2 giugno 2016

Kaze al Torresino di Padova

27 maggio 2016

live concert


Unica data italiana, quella di venerdì 27 maggio, per il quartetto Kaze di Satoko Fujii, Natsuki Tamura, Christian Pruvost e Peter Orins che ha fatto tappa al Torresino di Padova nell'ambito della rassegna del Centro D'Arte degli Studenti dell'Università. Evento atteso, come molti fra quelli programmati dall'associazione nei settantanni di attività. Sulla scena un quartetto dal profilo espressivo certamente unico e stimolante. Una delle tante ramificazioni dell’attività di una musicista, straordinariamente prolifica, che qui prova ad andare abbondantemente oltre i limiti di una convenzionalità sonora  già non tale, in assoluto, nella sua natura artistica.