mercoledì 12 giugno 2019

Stone

Satoko Fujii

Libra



di Giuseppe Mavilla

C’è una musicista unica nel panorama musicale contemporaneo con una ampia visione del jazz che spesso travalica per invadere altri orizzonti espressivi. E’ la pianista Satoko Fujii, sicuramente prolifica più di quanto si possa immaginare, con le sue orchestra sparse in varie parti del mondo, i diversi gruppi di cui è parte, il sodalizio con Natsuki Tamura, suo compagno di vita e le collaborazioni più o meno durature con vari musicisti. Lo scorso anno ha superato ogni aspettativa realizzando un album al mese per dodici mesi e celebrando in questo modo i suoi sessantanni. 

Ad oggi la sua vena espressiva non mostra segni di cedimento se è vero che ha già pubblicato un nuovo album che, allo stesso modo della sua prima uscita del 2018, è un lavoro in totale solitudine. Questo recente Stone è però totalmente diverso dal solo dello scorso anno che evidenziava la vena lirica della pianista nipponica, è un album di ricerca, di approfondimento delle potenzialità espressive del pianoforte. Un gioco di invenzioni sonore, contaminando ogni parte dello strumento, generando un’ espressività che oltrepassa gli aspetti tradizionali e libera rumori ambientali e inusuali, magari attraverso l’uso di vari oggetti che nulla hanno a che vedere con uno strumento musicale.

E allora accade che, ad esempio, la sua mano destra lavori sulla tastiera e la sinistra si intrufoli fra le corde interne o viceversa. Si inizia con “Obsius” minimalista, scarna e un po’ spettrale, seguita da “Trachyte” un impulso ostinato come un pensiero fisso e minimi segni di presenze umane. All’improvviso una parentesi lirica “River Flow” che trascende la cruda e rumorosa realtà della successiva “Lava” rumore di tuoni  prima che giunga la magia dei tasti bianchi e neri. E allora è una festa, un diluvio di note, la materia è diventata arte. E ancora “Icy Wood” un feedback, una nota, un fraseggio, un suono dal cuore dello strumento, una melodia che prova a prendere vita e il pianoforte conquista la scena. Sarà così fino alla fine, tra suoni distorti, ritorni al minimalismo, rumori urbani e lampi di liricità.

Ed è la sua arte, l’arte di una musicista, Satoko Fujii, che non pone confini e limiti alla sua creatività, appassionata e determinata a ricercare ogni possibile soluzione esplorativa del suono, della composizione, dell’improvvisazione.


domenica 9 giugno 2019

Rosa Parks Pure Love. An Oratorio of Seven Songs

Wadada Leo Smith


Tum


Ultimo recente lavoro per il trombettista Wadada Leo Smith pubblicato lo scorso febbraio in concomitanza con l'anniversario della nascita dell'eroina dei diritti civili americani, Rosa Parks, a cui questo album è profondamente ispirato. Un album che Smith ha voluto anche dedicare alla sua famiglia e in particolare alle sue otto figlie, per il supporto che gli assicurano nell'esercizio della sua arte. Un album con il quale ha voluto anche ricordare gli anni della Creative Construction Company, gruppo di cui è stato componente accanto ad Anthony Braxton e agli ormai defunti Leroy Jenkins e Steve McCall. 

Sette porzioni sonore che comprendono in totale ben 15 brani, sono la sostanza di un album variamente articolato dove Smith convoglia il jazz più avanzato, la musica classica, quella da camera e il canto lirico, nelle loro forme contemporanee, nonché il suo unico linguaggio espressivo Ankhrasmation qui codificato in vari panel. Per tutto ciò si attornia del Blue Trumpet Quartet dove lo troviamo al fianco di Ted Daniel, Hugh Ragin e Graham Haynes; di un batterista (Pheeroan akLaff); dell' elettronica (Hardedge); di tre vocalist: un' afro-americana (Karen Parks), un' asiatica (Min Xiao-Fen) e una latina (Carmina Escobar). E ancora di un quartetto d'archi (RedKoral Quartet) che ha suonato con lui per l'incisione di Ten Freedom Summers, con Shalini Vijayan e Mona Thian, violini; Andrew McIntosh, viola; Ashley Walters, violoncello). In più ad intervallare alcuni di questi brani ci sono i brevi estratti di “Composition 8D” di Anthony Braxton tratta da For Alto; il drum set “N.2” tratto da Air Time degli Air; “Keep On Trucking, Brother (A Message To Bruce)” tratto da Solo Concert di Leroy Jenkins ed “EP-1” dello stesso Wadada Leo Smith tratto da Creative Music -1. 


Un nutrito numero di musicisti per vari ambiti, quelli su cui l'album si muove, ad iniziare dalle songs di cui Smith ha scritto oltre la musica anche i testi, a parte in un caso dove è stato usato un testo della stessa Rosa Parks. “The Montgomery Bus Boycott – 381 Days of Fire” è la prima delle sette songs contenute nell'album ed è interpretata da Min Xiao-Fen, accompagnata dal Redkoral Quartet, con il quale l'interprete asiatica interagisce non solo con la sua sublime vocalità ma anche con la pipa, strumento musicale a corde cinese. Racconta, il testo, dei giorni della rivolta, quelli che seguirono a quel 1° dicembre del 1955, quando la Parks si rifiutò di cedere il suo posto a sedere ad un bianco sul Montgomery Bus in Alabama. 


L'album si apre con l'irruzione di fiati e batteria in un clima teso che lievita non poco nella successiva “Vision Dance 1: Resistance and Unity” dove il Redkoral Quartet ed il Blue Trumpet Quartet intrecciano i loro furori espressivi. L'ambient si dipana attraverso momenti di grande introspezione, quello creato dai vari brani interpretati dalle tre vocalist, e porzioni esclusivamente strumentali dove si susseguono scrittura e improvvisazione. Interpretazioni struggenti, attraverso il canto lirico, che toccano argomenti quali la conquista della libertà, l'esercizio della democrazia, il profondo rispetto per ogni essere umano; interludi sonori che si alternano alle interpretazioni vocali sintetizzando, in un'unica espressione musicale, varie forme espressive  all'interno un mosaico così magnificamente tracciato da risultare immenso ma meravigliosamente racchiuso, con razionalità e misura, in un'opera unica e irrinunciabile.