venerdì 13 aprile 2012

Traditions and Clusters


Franco D’Andrea

El Gallo Rojo Records


Doppio cd dal vivo per il pianista Franco D’Andrea per documentare un intenso tour che lo scorso anno, quello del suo settantesimo compleanno, lo ha visto proporre il progetto in trio con Daniele D’Agaro, clarinetto e Mauro Ottolini, trombone e quello in quartetto con i fedelissimi Andrea Ayassot, sax, Aldo Mella, contrabbasso e Zeno De Rossi, batteria. Il trio, arricchito nei concerti dalla presenza del fantasioso batterista Han Bennink, per riproporre la tradizione attraverso un linguaggio attuale e senza rinunciare alle sonorità e alle dinamiche swing; il quartetto per proseguire il lavoro di sintesi di un linguaggio che ingloba modernità e avanguardia non tralasciando il passato. Il tutto si traduce in un equilibrio estetico che aiuta non poco a metabolizzare le intuizioni e l’acume jazz del musicista di Merano. Il titolo del lavoro suggerisce la probabile ricchezza del contenuto che si fa certezza già dalla prima traccia del cd n.1, una suite che include una esclusiva versione della “Turkish Mambo” di Lennie Tristano.  Poi l’oralità di “Cluster n.1-2-3” i primi con protagonista il quartetto e il terzo, un solo del leader. Il secondo cd cattura i due ensemble riuniti e la sintesi sonora è da apoteosi tra riproposizioni di composizioni del D’Andrea più recente come “Half The Fun” e le ulteriori riprese del brano di Tristano e della “Caravan” di Ellington.  




domenica 8 aprile 2012

Avenging Angel


Craig Taborn

Ecm Records


Per il pianista Craig Taborn, altra figura rilevante della scena jazz newyorkese, arriva l’appuntamento con una tappa quasi obbligata: il piano solo, e per di più con l’etichetta Ecm di di Manfred Eicher. Una registrazione tutta europea realizzata presso l’auditorio della radiotelevisione svizzera di Lugano con l’ingegnerizzazione del nostro Stefano Amerio. Taborn, da sempre abituato a cavalcare con evidente propensione i fermenti innovativi della scuola di Chicago, si vedano a tal proposito i suoi contributi alle produzioni di Roscoe Mitchell, nonchè gli umori avant della downtown, si mostra pronto a proporsi in totale solitudine. Le tredici tracce contenute nel cd spaziano tra i diversi orizzonti che costituiscono l’universo del piano solo. Il pianista infatti affronta con evidente scioltezza e capacità ambiti vari senza cedimenti di sorta riuscendo ad accostare l’oralità jazz ad una scrittura di stampo europeo.  E ancora: citazioni d’avanguardia e aree  di ampio respiro in cui spiccano frammenti di melodie che ricordano in qualche episodio  la sfera più intima del  Michael Nyman di alcuni anni fa e per finire anche episodi minimalisti alla Philip Glass. Un percorso variegato  di ricorrente intercambiabilità da metabolizzare ascolto dopo ascolto.


lunedì 2 aprile 2012

Double Demon


Starlicker

Delmark records


Questa degli Starlicker è una altra geniale intuizione di uno dei musicisti più prolifici di questi ultimi anni. Il trombettista Rob Mazurek ne ha infatti inventata un’altra delle sue: un trio tromba, vibrafono e batteria, quest’ultimi affidati rispettivamente alle gesta dell’onnipresente, quando si parla di vibrafono, Jason Adasiewicz e a quelle di John Herndon gia membri di altri ensemble insieme con Mazurek. Qui i temi sembreranno banali, quasi degli jingles dalla melodia semplice, a volte scontata, contrappuntati da una ritmica ossessionante che unisce vibrafono e batteria. E da qui si dipartono le parti improvvisate affidate a turno alla tromba e al vibrafono o all’intreccio degli stessi con l’incalzante drumming di Herndon che ben supporta i trasbordi all’unisono della tromba del leader. Suggestiva come sempre la timbrica del vibrafono che qui assume una connotazione intrisa di nudità sonora per la mancanza di un contrabbasso a supporto. Ascoltate la seconda traccia del cd “Vodou Cinque” dagli orizzonti indefiniti e dall’atmosfera a metà fra l’ipnotico e il trascendente o “Andromeda”, frenetica, urbana, ossessiva e infinita. E ancora la magmatica “Triple Hex” tra le cui fumogene elucubrazioni prende vita l’ennesimo riff della tromba di Mazurek. Vola in alto il trombettista a disegnare percorsi di libero girovagare nel pentagramma prima di ricomporsi nella consueta semplicità del riff iniziale. Sei tracce in tutto per poco meno di quaranta minuti intensi e col fiato alla gola.


 

domenica 1 aprile 2012

Accelerando


Vijay Iyer Trio

Act Records


Il pianista indiano Vijay Iyer è da sempre uno dei musicisti più innovativi della scena jazz di Brooklyn. A lui si guarda come una fonte di energia vitale per lo sviluppo del jazz contemporaneo. Questa sua recente produzione per l’etichetta tedesca Act prosegue il lavoro intrapreso con l’ottimo Historicity del 2009 e fa seguito al validissimo Solo del 2010. L’elemento primario su cui Iyer concentra la sua ispirazione è il ritmo inteso come movimento, frenesia, danza, aspetti insostituibili nella vita di tutti i giorni. Non a caso nelle note di copertina il pianista così definisce il cd: "Questo album è il lignaggio della musica americana creativa basata su ritmi di danza." A coadiuvarlo in questa interpretazione moderna del classico piano trio troviamo Stephan Crump al contrabbasso e Marcus Gilmore alla batteria due musicisti che interpretano in maniera perfetta la filosofia di Iyer che mette insieme undici tracce tra originali e riproposizioni dimenandosi tra un’ossessione ritmica costantemente in crescendo e un esercizio armonico di raffinato impatto. Il trio esordisce con la snella “Bode” una sorta di genesi ritmica che preclude alle seguenti “Optimism” e “The Star Of a Story” in cui il ritmo prende forma quasi ipnotica in un continuo crescendo  spezzato solo da cellule di armonie a cui da alito oltre al pianoforte del leader il contrabbasso di Crump. Con la quarta traccia il pianista estrae dal suo magico cilindro una magistrale riproposizione di un hit del compianto Michael Jackson.  E’ “Human Nature” una autentica perla la cui armonia lirica e ritmica viene prima cesellata con minuziosa cura e successivamente decostruita e ricostruita tra mille micro variazioni. Poi Iyer pesca nel repertorio del grande e artisticamente introverso Henry Threadgill reinterpretando “Little Pocket Size“ restituita, pur nella esiguità strumentale di un trio, in tutta la sua complessità e caratterizzata da sonorità più nette e ricercate e una ritmica sempre e comunque in crescendo. Sono tre composizioni inedite del leader consumate in un ambient pulsante e fluorescente a precedere  l’ultima traccia la magistrale “The Village of Virgins” di Duke Ellington che mi catapulta dentro un ritmo gospel...... inebrio e goduria a chiusura di una produzione di disarmante bellezza.