venerdì 20 maggio 2011

Actionspeak

Thomas Fujiwara & The Hook Up

 482 Music

Da Boston ecco un altro musicista di classe: Thomas Fujiwara, batterista e compositore già più volte a fianco del trombettista Taylor Ho Bynum e membro come quest’ultimo de The Thirteenth Assembly. In  esta produzione discografica, opera prima a suo nome lo propone a fiancoo come quest'vi quale è la downtown nequesta produzione discografica, opera prima a suo nome, si propone a fianco del quartetto Hook Up in cui ritroviamo l’attuale stella della chitarra jazz, Mary Harvolson e il trombettista Jonathan Finlayson con l’aggiunta di Brian Settles al sax tenore e Danton Boller al contrabbasso. Cinque musicisti, con il leader, dediti a tracciare una cifra stilistica di assoluto valore che spazia dal cool jazz al funky mescolando post e free bop attraverso sette tracce originali. Tracce ognuna delle quali ben distinguibile dall’altra, per struttura e identità, tutte comunque caratterizzate dal front-line dei fiati della coppia Finlayson-Settles e dalle elucubrazioni chitarristiche della Harvolson che certamente imprime all’intera produzione un impronta decisamente innovativa.
Dinamiche fluide come nell’iniziale “The Hunt” intrise di sonorità raffinate e moderne; ballate liriche come “Questions”, terreno invitante per i pregevoli fraseggi dei fiati; stimoli libertari come nella conclusiva “Soundtrack to Romance”. Nei fatti un ampio campionario di sorprese e soluzioni con il leader che si fa apprezzare sia come fine compositore che come strumentista per i suoi interventi sempre appropriati e assolutamente godibili non sempre avvertibili al primo approccio, il che rende ancora più stimolante ogni successivo ascolto. 


mercoledì 18 maggio 2011

Saturno Sings

Mary Harvolson

Firehouse12 Records

Individuata come una delle realtà più interessanti della scena jazz d’avanguardia newyorkese la chitarrista Mary Harvolson con questo album dimostra di essere anche in grado di cadenzare con perfetto equilibrio, in un lavoro discografico, i variegati umori e gli intriganti azzardi che la sua vena artistica gli suggerisce. Divulgatrice di un originale stile chitarristico la Harvolson si circonda in questa occasione di un quartetto che vede allineati in ideale armonia i suoi due fidi scudieri ritmici: il contrabbassista John Hébert e il batterista Ches Smith e i fiati di Jonathan Finalyson, tromba e Jon Irabagon, sax. Dieci i brani che compongono la selezione permeati da atmosfere cangianti che si muovono nell’ambito di un bop moderno, come può sempre risultare dal coinvolgimento di musicisti giovani che inevitabilmente portino dentro il loro dna musicale influenze riconducibili ad espressività musicali estranee al jazz. Il tutto accade all’interno di composizioni con una chiara struttura concettualmente jazz e dove la chitarra della leader è certamente in primo piano con i suoi timbri cangianti e le sue dinamiche evolutive sempre in costante interazione con i fiati in un esercizio esecutivo che alterna fraseggi a contrappunti. In questi ambiti la Harlvolson esibisce il frutto di tutta la sua genialità, dettando cambi di tempo, sbalzi di umori espressivi, improvvise e distorte incursioni chiaramente rockeggianti. Ma non è tutto perché durante l’ascolto ci si imbatte anche in delicate ballate impregnate di blues o di sonorità e ritmi vagamente latineggianti Tra i solchi di quella che può di certo essere definita un’ottima produzione discografica si scorgono una gran quantità di spunti innovativi e contaminanti che disegnano chiaramente il profilo di una musicista in grado di apportare nuova linfa al jazz moderno.

 Giuseppe Mavilla

domenica 15 maggio 2011

Some Other Place

Agustí Fernádez / Barry Guy

Maya Records
Quella tra Agustí Fernádez al piano e Barry Guy al contrabbasso è  una frequentazione di comuni ambiti che ha consentito ad entrambi di intavolare, da una decade, un’intesa che dopo essere stata ampiamente collaudata nell’orchestra dello svizzero Guy, di cui il pianista è membro, trova magnifica esplicazione in questo cd. I due dilatano il loro confronto attraverso un interplay dalle sfaccettature variabili che evidenzia porzioni liriche ma anche sonorità dissonanti ed estreme. Ogni brano nasce come una composizione strutturata per l’interpretazione in duo e contiene al suo interno una cellula ben definita, per estensione e sostanza, riservata all’improvvisazione. E’ un jazz europeo imbevuto di umori minimalisti e filosofie d’avanguardia ma anche di una sottile vena romantica certamente insita nella formazione del pianista natio di Palma di Maiorca. L’intro dell’iniziale “Annalisa” può ingannare per l’elegante e armonico fraseggio ma le tracce successive esibiscono un ricco campionario di atmosfere mutanti in cui due musicisti si fanno notevolmente apprezzare come strumentisti.
“Dark Energy”, penultima traccia della selezione, è il compendio più esplicativo dell’audace equilibrismo sonoro che pervade l’intera opera.

 

martedì 10 maggio 2011

Amnesia Brown

Kirki Knuffke

Clean Feed Records
Dalla scena Downtown di New York l’attivissima etichetta portoghese Cleen Feed pesca un trio esotico e stimolante. Sono tre musicisti membri della Butch Morris Nublu Orchestra: Kirk Knuffke, trombettista, Kenny Wollesen, batterista e Doug Wieselman, clarinetto e chitarra elettrica. Questo lavoro è un gustoso pot-porri di esotiche composizioni firmate dal trombettista, leader del trio,  ispirate ad una sospetta amnesia di un membro della sua famiglia. Sedici composizioni per altrettanti interpretazioni che si dipanano attraverso un free bop di base che si contorna di volta in volta di ironia, imprevedibilità, ritmi danzabili e fitta interazione. I toni sinuosi e lirici in primo piano quando sono in scena i due fiati si fanno abrasivi appena Wieselman mette da parte il clarinetto e imbraccia la chitarra elettrica mentre a volte  affiora, come in “2nd”, un atmosfera percettibilmente friselliana. La ritmica è affidata all’instancabile contributo di Wollensen che si dimostra determinante fantasioso e ispirato. Divertente e intrigante questo lavoro incuriosisce per il senso di sobrietà che farebbe supporre la breve durata dei brani e la semplicità di alcune melodie in contrapposizione ad una reale e costante creatività, che invece sgorga a iosa brano dopo brano fino alla conclusiva e lirica “Anne”.