mercoledì 28 marzo 2012

Screenplay


Cirinnà quartet
feat. Dino Rubino

Anaglyphos Records


Il mio primo contatto con il progetto Screenplay del sassofonista Rino Cirinnà è datato 23 febbraio 2012, data in cui il musicista ha presentato questo suo ultimo cd nell’ambito della rassegna in corso al MIllennium Club di Scicli.  Con lui c’erano Danilo Rubino al pianoforte, Tony Arco alla batteria e Lucio Terzano al contrabbasso, lo stesso quartetto che ha inciso questo cd.  Un quartetto stellare, in totale simbiosi, che condensa nel suo linguaggio tradizione e modernità per dare vita ad un’espressività jazz intrisa di raffinate geometrie interattive, di un cadenzato alternarsi di temi ed improvvisazione, di fraseggi a volte volutamente scomposti per inglobare i rivoli estrosi di un batterista dirompente come Tony Arco. Dirompenza attinente e variopinta oltre che spettacolare che mostra un musicista totalmente rapito dalle dinamiche esecutive. Un quartetto guidato con raffinato raziocino da un sassofonista sorprendentemente misurato e composto nel suo eloquio fiatistico ma certamente esaustivo del  bagaglio tecnico-jazzistico che evidenzia i suoi trascorsi oltreoceano e la sua profonda conoscenza della musica afroamericana. Il combo, come nella formazione live, include Lucio Terzano, al contrabbasso, stilisticamente ineccepibile e di grande sensibilità musicale, con un carnet di collaborazioni assolutamente prestigioso e  Dino Rubino, al pianoforte, oramai assorto al ruolo di musicista maturo e determinante in ogni ambito in cui viene coinvolto. Sette le tracce incluse nel cd, che confermano quanto di valido avevo già notato nell’esperienza dal vivo, tutte dalla struttura articolata in bilico fra hard bop, mainstream e modern jazz, tutte di elevata fattura,   con punte eccelse in “Big on Trio”  ricca di umori cangianti, in “Modaldino” impreziosita dall’intrigante riff che alimenta il dialogo tra pianoforte e sax  e in “Behind” tra echi di Evans e sfaccettature liriche.

venerdì 23 marzo 2012

Gente a Sud


Amanita

Zone di Musica



In botanica il termine amanita è riferito ad un genere di funghi dalla struttura eterogenea, potete approfondirne la tematica su questo link, ma da qualche mese Amanita è anche il nome di un  gruppo italiano, un trio del sud italia che non a caso ha  intitolato questo primo cd con l’identificativo Gente a Sud. I protagonisti sono Raoul Gagliardi, chitarra elettrica, Carlo Cimino, contrabbasso e Maurizio Mirabelli, batteria. Una combinazione dalla struttura standardizzata ma dalle sonorità accattivanti, certamente ben definite, che dispiegano colori solari e armonie facilmente assimilabili. Nove tracce confezionate con gusto ed equilibrio nel tentativo di esprimere una sfaccettatura jazz che in qualche modo si delinea nell’interplay che i tre riescono ad instaurare e negli intervalli lasciati all’estro dei singoli che risultano abilmente collocati nell’ambito delle strutture dei brani. Melodie circolari, ostinati dai ritmi danzabili, affidati all’espressività della chitarra elettrica di Gagliardi e contrappuntati dal costante e redditizio lavoro del contrabbassista Cimino. Lo strumento acustico acquista una identità esclusiva accostato alla sei corde elettrica e la formula risulta felice e azzeccata per l’intero trio che ha nel percussionismo puntuale di Mirabelli l’ottimale completamento del mosaico strumentale. Altro dato che caratterizza la cifra stilistica degli Amanita è il richiamo, o per meglio dire, la ripresa e quindi la riproposizione, di ritmi della cultura popolare del sud italia. Il trio riesce a fondere insieme moderne geometrie jazzistiche con ritmi etnici e l’ascolto dei brani risulta gradevole e fruibile senza troppo impegno. Ciò accade per tutte le nove tracce tra le quali mi piace segnalare la danzante “Brugal”, la suggestiva “Arance Rosse”, la pulsante “Gente a Sud” da cui prende il nome l’intero cd e l’originale versione di “Centro di Gravità Permanente” pescata nel soogbook di Franco Battiato e riproposta con gusto e attinenza all’intera produzione.


 

mercoledì 21 marzo 2012

Novela


Tony Malaby
Arrangements by Kris Davis

Clean Feed


Il sassofonista Tony Malaby si concede una pausa compositiva e ripone attenzione ad alcuni brani del sue passate produzioni. Di queste ne sceglie sei affidandone la riscrittura degli arrangiamenti alla pianista Kris Davis. Nasce così questo Novela che il musicista originario dell’Arizona, oggi newyorkese d’adozione,  interpreta al soprano e al tenore con la stessa Davis al pianoforte, John Hollenback alla batteria e con una corposa sezione di fiati che vede affiancati: Michael Attias, sax alto; Andrew Hadro, sax baritono; Joachim Badenhorst, clarinetto basso; Ralph Alessi, tromba; Ben Gerstein, trombone. Sei riproposizioni che ridanno linfa nuova a brani già di per se di alta fattura. Ma quello che più colpisce in queste reinterpretazioni sono la varietà delle trame musicali, i continui mutamenti d’atmosfera e le strutture articolate dei brani che alternano momenti lirici caratterizzati  da interventi corali dei fiati, tensioni d’avanguardia, geometrie da big band e suggestivi ambient bandistici in varie occasioni sfaccettate da umori circensi. In tutto questo risalta in modo preponderante il lavoro svolto dai fiati il cui front-line è l’elemento caratterizzante l’intera produzione, opposto ai contrappunti vigorosi espressi dagli interventi al pianoforte della Davis che a giudicare dal risultato finale ha saputo assolvere in modo ottimale all’incarico affidatogli da Malaby. Questi, dal canto suo, da, ancora una volta, ampia dimostrazione della sua identità jazz nonché della variopinta gamma tonale del suo layout fiatistico: viscerale, intenso, dirompente e dialettico, qui  come non mai impegnato com’è a confrontarsi con un nutrito quintetto di fiati. Arduo descrivere a parole l’ampio mosaico architettato dalla Davis per questa rilettura dando atto anche del prezioso contributo ritmico e fantasioso che Hollenback si inventa in una circostanza che lo vede orfano di un contrabbassista. Un’opera assolutamente da ascoltare per l’immensa essenza jazz di cui è intrisa.


martedì 6 marzo 2012

Long Pair Bond


Sunna Gunnlaugs

Sunny Sky Records


Arriva dall’Islanda la pianista Sunna Gunnlaugs in trio con Þorgrímur Jónsson al contrabbasso e Scott McLemore alla batteria per una produzione in cui sembra voler ricapitolare quanto metabolizzato musicalmente in questi ultimi anni. Dalle esperienze in America nell’area newyorkese a un certo modo di concepire il jazz in Europa con riferimento privilegiato per il sound Ecm non dimenticando gli elementi propri della cultura musicale popolare della sua Islanda. Quello che ne viene fuori è una selezione di dieci brani dalle strutture preordinate e dalle sonorità raffinate contraddistinte da ritmiche mai incalzanti, tipicamente da ballad. Si apprezza il pianismo della Gunnlags dall’espressività pronunciata e dalle geometrie cangianti sempre dialogante con gli altri due componenti il trio in un interplay fitto e in perenne relazione con una sezione ritmica che sa costruire sequenze temporali intrise di una densa musicalità. Jónsson al contrabbasso si mostra in grado di tracciare fraseggi armonici piacevolmente articolati mentre McLemore sa ispessire con gusto e notevole sensibilità i passaggi più intensi dell’intera selezione.  Tutto scorre con fluidità alternando giochi di contrappunti e melodie dai risvolti struggenti in un ambient che a volte evidenzia una sfaccettatura tipicamente jazzistica altre volte delinea i contorni di partiture che potrebbero essere state composte a sostegno di ipotetiche sequenze filmiche. Numerosi gli episodi che meritano una citazione e che elevano il livello qualitativo dell’intera produzione a partire dalla iniziale title track, dal fraseggio elegante e cantabile, passando per la jazzistica “Crab Canon” e per la struggente "Fyrir Brynhildi" intrisa di umori folk e non dimenticando le sottili sfaccettature liriche delle successive “Safe from The World” e “Not What But How. Da gustare un po’ alla volta, ascolto dopo ascolto.