Mary Harvolson
Firehouse12 Records
Individuata come una delle realtà più interessanti della scena jazz d’avanguardia newyorkese la chitarrista Mary Harvolson con questo album dimostra di essere anche in grado di cadenzare con perfetto equilibrio, in un lavoro discografico, i variegati umori e gli intriganti azzardi che la sua vena artistica gli suggerisce. Divulgatrice di un originale stile chitarristico la Harvolson si circonda in questa occasione di un quartetto che vede allineati in ideale armonia i suoi due fidi scudieri ritmici: il contrabbassista John Hébert e il batterista Ches Smith e i fiati di Jonathan Finalyson, tromba e Jon Irabagon, sax. Dieci i brani che compongono la selezione permeati da atmosfere cangianti che si muovono nell’ambito di un bop moderno, come può sempre risultare dal coinvolgimento di musicisti giovani che inevitabilmente portino dentro il loro dna musicale influenze riconducibili ad espressività musicali estranee al jazz. Il tutto accade all’interno di composizioni con una chiara struttura concettualmente jazz e dove la chitarra della leader è certamente in primo piano con i suoi timbri cangianti e le sue dinamiche evolutive sempre in costante interazione con i fiati in un esercizio esecutivo che alterna fraseggi a contrappunti. In questi ambiti la Harlvolson esibisce il frutto di tutta la sua genialità, dettando cambi di tempo, sbalzi di umori espressivi, improvvise e distorte incursioni chiaramente rockeggianti. Ma non è tutto perché durante l’ascolto ci si imbatte anche in delicate ballate impregnate di blues o di sonorità e ritmi vagamente latineggianti Tra i solchi di quella che può di certo essere definita un’ottima produzione discografica si scorgono una gran quantità di spunti innovativi e contaminanti che disegnano chiaramente il profilo di una musicista in grado di apportare nuova linfa al jazz moderno.
Giuseppe Mavilla
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