sabato 18 febbraio 2012

4 Stories

Matt Renzi 
Stefano Senni 
Jimmy Weinstein

El Gallo Rojo


In tre: Matt Renzi, sax, Stefano Senni, contrabbasso e Jimmy Weinstein, batteria, si sono ritrovati nello studio di registrazione di quest’ultimo, a Padova, il 12 ottobre 2010 per una session tra musicisti abituali frequentatori della scena jazz più creativa. Una session che non anticipava una relativa produzione discografica che invece a sorpresa oggi ci ritroviamo disponibile tutta improntata su un’oralità estemporanea tra musicisti che trovano un ispirato interplay in quella che di fatto è un’articolata suite divisa in quattro parti. E’ Renzi a tracciare le coordinate di un percorso espressivo variegato in cui il suo sax assume toni e dinamiche cangianti sempre contraddistinte da un’intensità di fondo che lascia trasparire, a tratti, una liricità suadente e passionale a cui si contrappone in altri momenti una visceralità nervosa. Questi elementi attraggono in primo luogo i due suoi compagni di viaggio, Senni e Weinstein, che convergono il loro apporto sintonizzandosi sulla stessa lunghezza d’onda del sassofonista. E’ cosi che il combo appare sin dalla prima traccia “First Story” che si consuma proprio con il definirsi di questa sinergia e ciò si avverte con chiarezza nella parte centrale del brano quando l’intreccio delle tre componenti strumentali si mostra magnificamente bilanciato e armonizzato. In “Second Story” l’ambient si fa ipnotico, i fraseggi sinuosi del clarinetto, che Renzi alterna al sax tenore, sono contrappuntati da una sezione ritmica per nulla ammaliata dalle inflessioni conturbanti dello strumento a fiato; c’è un’ interazione  iperattiva mista a fantasia, da parte del duo, da cui prende vita successivamente un ostinato di contrabbasso e un solo di Senni. La seguente “Third Story” esordisce con un tema danzante intriso di una velatura etnica che via via lascia il posto ad una improvvisazione sempre più densa di ritmiche ostinate con parentesi rarefatte in cui si definiscono dialoghi a due  che riportano in primo piano le tendenze avanguardistiche dei tre protagonisti forse qui un po’ intimorite dall’ architettura totalmente estemporanea della performance. Ed è in questo contesto, così come nella quarta ed ultima traccia, che sopravviene una qualche ripetitività di frangenti già dipanati nelle tracce precedenti. Aspetti quest’ultimi certamente inevitabili, quando tutto nasce in modo spontaneo e in relazione ad un evento improvvisato, e che, comunque, non sminuiscono la bontà delle 4 Stories narrate. 

Giuseppe Mavilla


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