Le Pot
Everest
E' stata
la chiesa di St. Romanus a Ranus, in Svizzera, l'esclusiva location scelta dal
quartetto elvetico Le Pot per le sedute di registrazione di questo loro
recentissimo cd. Manuel Mengis alla tromba ed elettroniche, Hans-Peter
Pfammatter ai sintetizzatori, Lionel Friedli alla batteria e Manuel Troller
alla chitarra hanno impiegato quattro giorni per dare vita a questa loro
produzione in bilico fra jazz, avanguardia, tecno e ambient music. Ma c'è anche
un preciso riferimento, in stretta relazione con la loro espressività, ed la
musica di Benjamin Britten nel cui repertorio i quattro hanno pescato alcune
composizioni che qui hanno sviluppato secondo il loro layout espressivo
affiancandole ad altre da loro stessi firmate e privilegiando in entrambi i
casi l'improvvisazione. Ed cosi che il percorso, costellato di ben undici
episodi, si rivela già dall'iniziale “Eyrie” denso di mistero. I suoni sembrano
trascendere la realtà, moltiplicarsi, frammentarsi in una frenetica rincorsa
verso l'indefinito. Le sonorità sintetiche e l'intenso flusso ritmico di
“Flint” preludono ad un breve episodio caratterizzato da un fraseggio armonico
di Mengis alla tromba: è l'intro di “Thus Gamesters United in
Friendship/Ungrateful Macheath!” che poi andra ad evolversi in svariate mutazioni
sia ritmiche che sonore. Poi l'atmosfera sembra acquietarsi con i rarefatti
umori di “Hamada/Requiem Aeternam” e i minimalismi narrativi di “Ranunkel und
Viola” con la tromba di Mengis protagonista, qui come in tutto l'album, con una
vocalità variamente modulata e fortemente espressiva che lascia spazio nel
finale al ritmo quasi tribale di Friedli alla batteria. Arriva in successione,
inaspettato con “Meanwhile” traccia n.8, un eloquio di free bop claunesco e
ironico mentre “Now Until The Break of Day” con il suo riff ostinato ed
elementare chiude con leggerezza un album intriso di imprevedibilità e
ricercatezza.