domenica 1 novembre 2015

Hera

Le Pot

Everest


E' stata la chiesa di St. Romanus a Ranus, in Svizzera, l'esclusiva location scelta dal quartetto elvetico Le Pot per le sedute di registrazione di questo loro recentissimo cd. Manuel Mengis alla tromba ed elettroniche, Hans-Peter Pfammatter ai sintetizzatori, Lionel Friedli alla batteria e Manuel Troller alla chitarra hanno impiegato quattro giorni per dare vita a questa loro produzione in bilico fra jazz, avanguardia, tecno e ambient music. Ma c'è anche un preciso riferimento, in stretta relazione con la loro espressività, ed la musica di Benjamin Britten nel cui repertorio i quattro hanno pescato alcune composizioni che qui hanno sviluppato secondo il loro layout espressivo affiancandole ad altre da loro stessi firmate e privilegiando in entrambi i casi l'improvvisazione. Ed cosi che il percorso, costellato di ben undici episodi, si rivela già dall'iniziale “Eyrie” denso di mistero. I suoni sembrano trascendere la realtà, moltiplicarsi, frammentarsi in una frenetica rincorsa verso l'indefinito. Le sonorità sintetiche e l'intenso flusso ritmico di “Flint” preludono ad un breve episodio caratterizzato da un fraseggio armonico di Mengis alla tromba: è l'intro di “Thus Gamesters United in Friendship/Ungrateful Macheath!” che poi andra ad evolversi in svariate mutazioni sia ritmiche che sonore. Poi l'atmosfera sembra acquietarsi con i rarefatti umori di “Hamada/Requiem Aeternam” e i minimalismi narrativi di “Ranunkel und Viola” con la tromba di Mengis protagonista, qui come in tutto l'album, con una vocalità variamente modulata e fortemente espressiva che lascia spazio nel finale al ritmo quasi tribale di Friedli alla batteria. Arriva in successione, inaspettato con “Meanwhile” traccia n.8, un eloquio di free bop claunesco e ironico mentre “Now Until The Break of Day” con il suo riff ostinato ed elementare chiude con leggerezza un album intriso di imprevedibilità e ricercatezza.


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