venerdì 11 ottobre 2013

Gen Himmel

Satoko Fujii

Libra Records

Dopo vari album in duo, trio, quartetto e anche quale conduttrice di diverse orchestre, la pianista Satoko Fujii torna al piano solo per la terza volta dopo gli episodi datati 1996 e 2003 e titolati rispettivamente Indication e Sketches, sempre che non mi sfugga qualche dettaglio della sua innumerevole discografia. Questo Gen Himmel è un gioco intimo, condito di effusione totale verso l’amato pianoforte, strumento capace di rapire artisticamente ogni grande musicista come la Fujii. Perché la pianista giapponese, per chi non la conoscesse (non è il caso degli abituali frequentatori di questo blog) è oggi tra i musicisti più interessanti che operano nell’ambito del musica contemporanea. Il suo linguaggio espressivo è multiforme e travalica ogni possibile etichettatura. La sua attività artistica è prolifica e in piú la nostra non disdegna impegni e confronti con musicisti in grado di stimolarla e arricchirla artisticamente. Ma torniamo a Gen Himmel e all’aspetto più poetico dell’espressività della musicista giapponese. L’album si apre con la ricerca di effetti sonori da piano preparato e come spesso lei ama fare eccola strofinare sulle corde, nel cuore dello strumento, quasi a voler testare lo stato d'animo del suo amato compagno di scena. Di seguito una sequenza d'accordi traccia un indefinito tema per il brano che da il titolo al cd. La pianista poi mostra il suo layout cameristico in “Hesitation” e recupera profumi e colori orientali, che tanto gli appartengono, in “Take Right” brano che evidenzia un altro aspetto tipico del suo linguaggio: la creatività e l'estemporaneità della sintassi jazzistica. C'é poi il minimalismo di “Ram” gli umori struggenti e la maestositá di “A.S.” nonché le tensioni miste a riflessioni sussurrate e  ad irruenze dirompenti in “Dawn Brown”. Questo l'assortito menú di un incontro da incorniciare tra una straordinaria musicista e il suo pianoforte e di un album altamente raccomandabile.

domenica 6 ottobre 2013

Metamorfosi

Nicola Fazzini Quartet

Caligola Records


Milanese di nascita, veneto di adozione, il sassofonista Nicola Fazzini è oggi fra i più illuminati musicisti jazz europei. Attivissimo oltre che in campo discografico il sassofonista è un autorevole didatta, non solo del suo strumento ma anche  di teoria e musica d'insieme presso la scuola "T. Monk" di Mira (Ve), di cui è anche direttore artistico. Quest’ultimo impegno è lo stesso che Fazzini ha assunto con la rassegna JAM che si svolge sulla Riviera del Brenta e nel circondario Miranese il cui programma comprende concerti conferenze e workshop. Numerose le produzioni discografiche tra le quali mi piace ricordare l’eccellente IdeaF (potete leggerne la recensione qui) inciso con XYQuartet di cui il nostro è leader insieme ad Alessandro Fedrigo, bassista, ideatore del progetto nusica.org. Quello di cui vado ad occuparmi adesso è il nuovissimo secondo cd che Fazzini incide con il suo quartetto per l’etichetta veneziana Caligola, un quartetto composto, oltre che dallo stesso Fazzini al sax, da Riccardo Chiarion, chitarra, Stefano Senni, contrabbasso e Luca Colussi, batteria. Un cd che comprende sette composizioni, di cui ben sei nate dalla fervente vena compositiva del leader, con l’aggiunta di una riuscita interpretazione della “Black Narcissus” di Hendorsoniana memoria. Va subito rivelato il felice equilibrio che Fazzini ed il quartetto riescono a delineare tra passato e presente, tra uno sguardo rivolto ai fermenti musicali della New York più downtown e un layout certamente moderno di jazz che però ingloba dinamiche e armonie sensibilmente vicine alla tradizione, senza per questo risultare scontato. Le prime tre tracce del cd sono occupate dalla suite “Metamorfosi” architettata in tre sfaccettate sequenze che partendo da una forma jazzistica a metà strada tra jazz e rock della prima parte, si sviluppa attraverso una splendida ballata, sinuosa e lirica quanto basta ad evidenziare le notevoli doti di Fazzini. Il terzo episodio della suite è introdotto dal groove percussivo di Luca Colussi sul quale si inserisce il sax alto del leader. Frammenti esclusivi di dialogo tra i due contraddistinguono questa parte dell’incisione, mentre il brano assume contorni ipnotici. Con l’inserimento del contrabbasso di Senni e della chitarra elettrica di Chiaron il brano delinea umori da world music. Ancora da evidenziare la fremente atmosfera de “il Cubo di Escher” con i conturbanti fraseggi del sax, lo scoppiettio ritmico della batteria, l’incedere fluido del contrabbasso e della chitarra in un gioco di interplay spalmato tra scrittura e improvvisazione. E’ poi un splendido solo di Fazzini ad introdurre “Low Moon” la cui essenza lirica nasce dalla rielaborazione del giro armonico di  How high the Moon” notissimo standard jazz. Fazzini e il suo quartetto ci regalano un album di alta levatura jazzistica, mi auguro che l’attenzione degli appassionati possa premiarlo per come merita.