venerdì 17 giugno 2011

Desert Ship

Satoko Fujii  Ma-Do
 
Not Two Records
Il quartetto Ma-Do è un altro dei tanti progetti che vedono impegnata la pianista Satoko Fujii. Musicista attivissima nell’ambito di un jazz fortemente influenzato da componenti d’avanguardia, la giapponese non ha mai risparmiato energia e dirompenza attraverso i suoi tumultuosi umori, dentro e fuori il pentagramma, in ogni progetto in cui è stata coinvolta. Valido e appropriato suo partner sul palcoscenico, in sala d’incisione e nella vita è il trombettista Natsuky Tamura consolidato componente del quartetto peraltro già alla sua seconda esperienza discografica. A dare manforte alla coppia troviamo:  Norikatsu Koreyasu al basso e Akira Horikoshi alla batteria, tutti coinvolti in una selezione di nove brani, esclusivamente originali e totalmente a firma di quella che è poi nei fatti leader del quartetto ovvero della Fujii. Impeto nervoso e interazione avvinghiata si susseguono alternate a qualche frangente appena riflessivo, riempito da  frasi liriche, ad appannaggio di tromba e pianoforte, che tracciano nel suo insieme una performance fortemente intensa intrisa di una libertà espressiva abbondantemente permissiva. Il tutto nell’ambito di uno schematismo preconfezionato ma indubbiamente necessario per disciplinare le inaspettate ma preventivabili bizzarrie di quattro primi attori nell’esercizio dell’improvvisazione. Un drumming percussivo fluorescente e di grande impatto si accosta ai travolgenti contrappunti  della Fujii al pianoforte mentre la tromba di Tamura sventola il suo infinito campionario di tonalità che arriva  a trasbordare in rumorose e stridenti elucubrazioni. Unico in questo suo proporsi, in un illimitato uso delle potenzialità sonore di uno strumento come la tromba, Tamura non esita a rivelarsi anche come delicato dispensatore di sottili melodie dai risvolti struggenti. Sorprendente anche il ruolo di Norikatsu Koreyasu al basso elettrico che da peso e nerbo alla sfaccettatura hard della band; da sottolineare la ricchezza inventiva della sua improvvisazione su una frase ripetuta al piano dalla leader sulla quale poi si innestano i contributi di tromba e batteria. Solo in chiusura i furori sembrano affievolirsi perché la traccia finale “Vapour Trail” sembra disegnare una sorta di quiete dopo la tempesta con il quartetto che volge verso una dimensione più ambient  sulla quale emerge il pianismo straordinariamente delicato, per certi versi intriso d’oriente e così magistralmente adoperato per l’occasione da questa grande artista del jazz contemporaneo.




Nessun commento: