Rodrigo Amado The Bridge
Trost
di Giuseppe Mavilla
Il sassofonista portoghese Rodrigo Amado è uno dei maggiori esponenti del free jazz europeo, varie le formazione che di tanto in tanto ha messo su per i suoi progetti e tanti i musicisti che negli anni ha coinvolto come ad esempio il Motion Trio con Miguel Mira e Gabriel Ferrandini o il quartetto dell'album This Is Our Language, con Joe McPhee, Kent Kessler e Chris Corsano. L'ultima sua creatura, in fatto di gruppi, è il quartetto The Bridge che ha prodotto il cd Beyond The Margins uscito lo scorso 20 ottobre, un quartetto stellare formato da Alex Von Schlippenbach al pianoforte, già membro del trio con Evan Parker e Paul Lovens; Ingebrigt Håker Flaten al contrabbasso, dal 2000 con The Thing; Gerry Hemingway alla batteria e voci, componente del quartetto di Anthony Braxton dal 1983 al 1994, nonchè lo stesso Amado al sassofono tenore.
Tre i brani contenuti nel cd, ma non disperate non si tratta di un mini album, di cui il primo, la title track, si dispiega per poco più di quaranta minuti e attraversa vari ambient a partire dall'empatia free iniziale dove il sax tenore di Amado, su un breve fraseggio al pianoforte, espone l'accenno di un mini tema, per poi innalzarsi a condurre la performance con uno splendido solo. Poi a seguire quello di Von Schlippenbach e dopo un breve dialogo di quest'ultimo con Håker Flaten ecco una parentesi di rilassamento seguita dagli umori blues introdotti dalla batteria swingante di Hemingway.
Il quartetto si muove con equilibrio fra tensioni e rilassamenti e presto arriva un'improvvisazione collettiva in cui il fronte sonoro lievita. Il proseguimento dell'ascolto mi farà scoprire vari interludi, un solo di contrabbasso suonato con l'archetto, una parentesi d'improvvisazione cameristica, un momento più soul in cui Amado incede al ritmo di una ballad mentre il finale del brano sembra intersecare improvvisi ritmi latini da cui si leva un breve solo di Hemingway giocato con discrezione, grande classe e opportuna attinenza.
La traccia seguente “Personal Mountains” si apre con un accenno di umori monkiani al pianoforte ma è un riff del sax di Amado a dare corso allo svolgimento di un brano in cui c'è molto dell'arte del grande Thelonious soprattutto quando è Von Schlippenbach a condurre e non potrebbe essere altrimenti vista l'esclusiva ammirazione e dedizione che il pianista tedesco ha per Monk. Interazione intensa fra i quattro mentre ci si avvicina all'ultima traccia che è un omaggio ad Albert Ayler con la ripresa della sua “Gosts” qui ridefinita “(Visiting) Gosts” e reinterpretata con grande pathos dal quartetto, una interpretazione viscerale e totalmente immersiva nello spirito del brano nonché interamente godibile.
In verità è tutto l'album a risultare godibile, un lavoro che va immediatamente a collocarsi fra i migliori di questo 2023.
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