Gabriela Martina
Self Production
di Giuseppe Mavilla
Interprete e compositrice svizzera, Gabriela Martina, ha collezionato nel 2016, una recensione a quattro stelle per il suo album No white Shoes da parte della prestigiosa rivista americana DownBeat. A distanza di sette anni rieccola con un nuovo album pubblicato lo scorso 14 luglio.
Negli undici brani, in parte scritti dalla stessa Martina, la vocalist svizzera sciorina una varietà di climi variegata che va dal blues, al soul, al jazz, alla musica d'autore, al funk, alla musica tradizionale alpina mettendo in risalto le sue qualità vocali che rivelano una duttilità interpretativa di notevole portata. A coadiuvarla in questa pregevole produzione troviamo il pianista ucraino Maxim Lubarsky, il bassista Kyle Miles, il batterista Vancil Cooper, il chitarrista finlandese Jussi Reijonen e il fisarmonicista Ben Rosenblum da poco unitosi al gruppo.
Ad aprire la selezione dei brani è “This Country – That Country” con i suoi svariati umori espressivi alla quale segue la vorticosa ballad dedicata al padre, “Song for My Father” che precede la splendida “Mother Mary” dichiaratamente dedicata invece alla mamma ricca delle esclusive acrobazie vocali della Martina.
In sequenza il travolgente feeling soul-jazz di “Four Siblings”; la raffinata sua interpretazione della “Heaven” di Duke Ellington dal Second Sacred Concert e via via, traccia dopo traccia, si arriva a “Gone Tree” uno dei brani più belli dell'intero lavoro, interpretato con autorevolezza e grandi capacità vocali, che precede “Narcissus” che chiude l'intera selezione con la sua atmosfera rarefatta e intima.
Grande album questo della Martina, tutto da ascoltare.
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