Thirsty Ear
E’ fitta l’attività discografica del pianista Matthew Shipp che con questo cd torna al piano solo. Diciassette brani che celebrano l’empatia esclusiva tra lui e lo strumento attraverso un percorso sfaccettato in cui il musicista interpreta brani propri e rielaborazioni di frammenti e temi di brani altrui. Un album che nasce in un momento di riflessione sui vari filoni attraverso i quali Shipp ha sviluppato il suo pensiero musicale certamente affine al genere jazz ma aperto alla contaminazione con altri generi. La traccia che da il titolo all’album è la prima delle selezione inclusa nel cd e mi da l’illusoria sensazione che il nostro si trovi al cospetto di uno strumento sovradimensionato, tanto è intenso il flusso armonico e ritmico che man mano prende corpo. Fraseggi veloci, ritmicamente incalzanti e aperture melodiche si susseguono in evolutiva continuità. Shipp è totalmente rapito dalla potenzialità sonora e musicale dello strumento e lo dimostra ancora di più con una personalissima versione della “Summertime” di Gerwhin, quasi un inno trionfante. Climax mutante con “Bian Stem Grammer” frenetico e cangiante; ambient minimalista in “Pre Formal”. Poi le delizie di “Waltz” struggente e danzante; il refrain velato di tristezza di “Reflex”; il frammento di lacerante bellezza di “Naima”; l’umore easy listening di “Where is The Love” e tanto altro ancora. Una saga del piano solo.
Giuseppe Mavilla
E’ fitta l’attività discografica del pianista Matthew Shipp che con questo cd torna al piano solo. Diciassette brani che celebrano l’empatia esclusiva tra lui e lo strumento attraverso un percorso sfaccettato in cui il musicista interpreta brani propri e rielaborazioni di frammenti e temi di brani altrui. Un album che nasce in un momento di riflessione sui vari filoni attraverso i quali Shipp ha sviluppato il suo pensiero musicale certamente affine al genere jazz ma aperto alla contaminazione con altri generi. La traccia che da il titolo all’album è la prima delle selezione inclusa nel cd e mi da l’illusoria sensazione che il nostro si trovi al cospetto di uno strumento sovradimensionato, tanto è intenso il flusso armonico e ritmico che man mano prende corpo. Fraseggi veloci, ritmicamente incalzanti e aperture melodiche si susseguono in evolutiva continuità. Shipp è totalmente rapito dalla potenzialità sonora e musicale dello strumento e lo dimostra ancora di più con una personalissima versione della “Summertime” di Gerwhin, quasi un inno trionfante. Climax mutante con “Bian Stem Grammer” frenetico e cangiante; ambient minimalista in “Pre Formal”. Poi le delizie di “Waltz” struggente e danzante; il refrain velato di tristezza di “Reflex”; il frammento di lacerante bellezza di “Naima”; l’umore easy listening di “Where is The Love” e tanto altro ancora. Una saga del piano solo.
Giuseppe Mavilla