Tony Cattano Ottetto
Fonterossa
Chi è l’uomo
poco distante a cui allude il trombonista Tony Cattano nel titolo del suo
nuovo album in ottetto? Le note del libretto accluso svelano il mistero: l’uomo
poco distante è quello che nei cortei funebri non si integra mai con gli altri,
apparentemente distaccato, legato per chissà quale motivo al defunto partecipa
al corteo da una certa distanza. A questa figura Cattano si è ispirato nel
comporre le nove tracce di questo cd, ricordando i suoi trascorsi giovanili di
musicista nella banda della città natale, Carlentini, ad accompagnare cortei
funebri e processioni religiose. Di quella Sicilia di cui ancora oggi conserva
memorie e tradizioni Cattano ripropone suoni, immagini ed atmosfere
metabolizzati all’interno di un linguaggio che guarda ampiamente oltre il
contesto del jazz, inglobando certamente elementi riconducibili alla musica per
banda. Nel contempo, rilevo, nella scrittura di del trombonista siciliano frammenti del linguaggio di Bill Dixon. Toni gravi e
pieni orchestrali sono aspetti che sembrano ricondurmi al grande musicista
americano. E poi anche la configurazione
dell’ottetto, dove accanto al trombonista ritroviamo il fratello Carlo Cattano,
flauti e sax soprano; Marco Colonna, clarinetti; Beppe Scardino sax baritono e
clarinetto basso; Pasquale Mirra, vibrafono; Giacomo Ancillotto, chitarra;
Roberto Raciti, contrabbasso; Daniele Paoletti, batteria, ricorda per certi
versi i contesti dixoniani. Solo semplici osservazioni le mie, le distanze (per
rimanere in tema) con l’universo del grande maestro americano sono notevoli e lungi
da me volerli abbattere con i rilievi di cui sopra. Vado invece a ribadire l’identità
ben definita dell’opera di Cattano e soci, che brilla di grande originalità e
che pesca anche nel filone popolare della nostra tradizione musicale, densa com’è
di risvolti melodici, che approda spesso in ambiti cameristici, che sa essere
viscerale ed intensa nei suoi mutamenti ricorrenti. Per averne prova basta
ascoltare la traccia che titola l’album, nebbiosa, avvolgente, ricca di umori
blues, preda di un intreccio di suoni e dinamiche espressive in continuo
crescendo. E che dire di “Cammino Sognante” che dopo l’intro bandistico lascia
spazio ad un dialogo soffuso, intimo, tra contrabbasso e flauto, allargato,
passo dopo passo, al contributo degli altri. E ancora: la struggente melodia di
“Canto D’Addio” e l’umore popolaresco di “Repiti” che precede “Settembre”
episodio articolato, tra i migliori di un album assolutamente irrinunciabile.