Franco D'Andrea Octet
Parco della Musica
di Giuseppe Mavilla
ll Top Jazz 2018 ha eletto Franco D'Andrea musicista dell'anno
premiando nel contempo Intervals I, inciso in ottetto, come
migliore disco italiano dell'anno. Un verdetto che arricchisce il già cospicuo
palmarès del pianista di Merano che ha di fatto collezionato, nell'ambito del
riconoscimento assegnato annualmente dalla rivista Musica Jazz, ben
12 Top Jazz come miglior artista italiano, cinque per il migliore album e due
per la migliore formazione. Riconoscimenti sicuramente strameritati dal
nostro mentre lo scorso novembre , come già annunciato al momento
dell'uscita dell'album premiato, veniva pubblicato il secondo capitolo del
progetto, ovvero, Intervals
II.
Se avete letto la recensione e se conoscete Intervals I saprete che
in esso è contenuta la registrazione del concerto tenuto dall'ottetto al Parco
della Musica di Roma il 21 marzo del 2017, mentre in questo
secondo capitolo è inclusa la relativa sessione di prove svoltasi il pomeriggio
dello stesso giorno. E' un'interessate scelta, quella fatta da D'Andrea, che
intende così mostrare come cambia l'approccio ai brani e quindi le due
performance in relazione agli ambient in cui si svolgono. E mi viene da
evidenziare, in particolare, la variabilità delle dinamiche fra l'una e l'altra
incisione. In Intervals I l'ottetto sembra viaggiare
spedito senza guardarsi troppo intorno; in Intervals II D'Andrea e
soci appaiono impegnati nell'approfondimento di quella sintesi esclusiva e
riuscita fra passato e presente, fra guardarsi indietro e nello stesso tempo
sporgersi verso il futuro che è poi l'essenza della filosofia jazz
del musicista di Merano. Due facce, in qualche modo diverse, della stessa
medaglia ma egualmente interessanti ognuna per le peculiarità che la
distinguono dall'altra.
Rimandandovi a questo punto alla mia recensione di Intervals I, che potete
leggere qui, in
questo secondo capitolo ritroviamo naturalmente la stessa formazione, con
D'Andrea affiancato da Andrea Ayassot ai sax alto e soprano; Daniele D'Agaro al
clarinetto; Mauro Ottolini al trombone; Enrico Terragnoli alla chitarra; Aldo
Mella al contrabbasso; Zeno De Rossi alla batteria e Luca Roccatagliati alle
elettroniche. E ritroviamo il medesimo layout espressivo dell'ottetto, ultimo e
recente traguardo di un percorso che D'Andrea svolge da anni forte della sua
ampia cultura musicale e dell' inesauribile voglia di innovare il suo verbo
jazz.
Nel progetto Intervals il
nostro è particolarmente concentrato sulle cosiddette aree intervallari ossia
temi, frasi musicali, riff che diventano punti di partenza di un'
improvvisazione collettiva e di un'interazione a cui prendono parte tutti i
componenti dell'ottetto e in cui si mescolano sonorità timbriche di varia
estrazione. E' un caleidoscopio sonoro ed espressivo inedito che si sviluppa in
modo estemporaneo sia quando si eseguono brani dai temi già ben definiti come
“Traditions n.2” e sia quando ci si imbatte nell'ostinazione ritmica di
“Monodic”. Brani in cui tutto ha origine da brevi spunti o micro intuizioni che
diventano punti di partenze di quelle improvvisazioni di cui scrivevo prima. Penso
ad “Intervals 5” abrasiva e incalzante, alla frenetica “Intervals 6” ma anche a
“Air Waves” una tavolozza sonora assolutamente imprevedibile nelle sue
evoluzioni e nelle sue debordanti inflessioni. E ancora come non evidenziare la
geniale e contaminata riproposizione di una delle perle del repertorio di Lenny
Tristano, quella “Turkish Mambo” nota anche perché per inciderla, per la prima
volta nella discografia jazz di quei tempi, siamo nel 1955, viene utilizzata la
registrazione multitracce.
Potrei dilungarmi ancora a descrivere altri episodi di questa
produzione ma mi fermo qui per lasciarvi il piacere di scoprire da voi le
magnificenze di “Intervals II” un’altra tappa del più recente progetto di
Franco D’Andrea.