Pollock
Project
Be Human Records
Nuova
produzione per i Pollock Project del compositore e pluristrumentista Marco
Testoni, vera anima del gruppo di cui vi ho raccontato in occasione della pubblicazione
del precedente album “Quixote”. Di quell’organico oggi rimane il solo Testoni
al quale si aggiungono, nel trio di base, la vocalist Elisabetta Antonini e il
sassofonista e clarinettista Simone Salza. Quello che invece si riconferma caratterizzante anche in questa occasione, ancor più della precedente, è la
capacità dell’ensemble di stupire per la spiccata attitudine ad arricchire e
contaminare la propria espressività con svariati elementi provenienti da vari
ambiti musicali. Ed allo stesso modo è da sottolineare la vasta gamma di
situazioni dalle quali le composizioni della band prendono spunto. C’è anche in
questa occasione la conferma di un obbiettivo primario, per Testoni e soci, che
è quello della musica visuale attraverso una sintesi di elementi che
riconducono chiaramente al jazz, all’elettronica e alla musica per immagini.
Scorrendo l’ascolto delle dieci tracce di questo nuovo lavoro, realizzato con l’ausilio
di altri musicisti ospiti, c’è da stupirsi non poco già dall’iniziale “Aura” un
caleidoscopio di ritmo, armonia e sonorità variegate, dedicato alla città
spagnola di Barcellona. Come nel precedente album anche in quest’ultimo
ritroviamo la rilettura di un brano di John Coltrane. E’ “Naima” con tutto il suo
ventaglio di suggestione, spiritualità e magia. I Pollock Project ne coniano
una versione estasiante sicuramente unica. Le successive tre tracce
chiudono una prima metà dell’album densa di suoni world, di interazioni
ritmiche, di ironia dissacrante come quella di “Gonzo Entertainment” dedicata
alla frivolezza dell’universo televisivo. Le rimanenti cinque tracce si
orientano invece verso ambiti più tecnologici, verso musiche più d’avanguardia,
come una altra rilettura “Vauro” dei Sigur Ros, una band islandese di
post-rock, riproposta provando ad accostare nord europa e mediterraneo
attraverso un layout jazzistico minimale. Ed ancora mi ha sorpreso e
appassionato la successiva “Anna Blume” che è anche il titolo di una poesia
dadaista, scritta da Kurt Schwitters, a cui il brano è ispirato. Mi hanno
incuriosito le sue sonorità sintetiche, il pseudo ostinato che percorre il brano, gli inserti
vocali e strumentali così ben amalgamati. Cos’altro aggiungere se non una lode al trio Testoni-Salza-Antonini per un progetto
che nella sua interezza è un’opera esclusiva.