Febbraio 2009, al Village Vanguard di New York si registra il live Lost in A Dream in scena il trio Paul Motian,Chris Potter, Jason Moran. Sarà pubblicato l’anno successivo per la Ecm e sarà presente nelle liste dei migliori album del 2010. Oggi a poco più di ventiquattro ore dalla triste notizia questo live diventa la penultima esperienza discografica di Motian che all’età di ottantanni ha cessato di vivere. Era da tempo che pensavo a un’altra etichetta con cui classificare le impressioni d’ascolto di album non recentissimi, pubblicati ancor prima della nascita di questo mio blog ed oggi do il via a questo genere di post che, più che delle recensioni, sono l’espressione di sensazioni che nascono da un ri-ascolto di album già noti. Lost in A Dream è un album dall’atmosfera soffusa, ricco di sottili melodie a volte appena accennate, quasi sussurrate e arricchite attraverso un dialogo intimo fra i tre musicisti. Straordinariamente lirico, Potter, come poche volte lo abbiamo ascoltato, raffinato e jarrettiano il pianoforte di Moran che appare illuminato da una divinità e poi lui il batterista che ha attraversato la storia del jazz, iniziando al fianco di musicisti come: Thelonious Monk, Coleman Hawkins, Lennie Tristano, Tony Scott e George Russell, proseguendo poi a metà degli anni ’50 accanto all’indimenticabile Bill Evans. E ancora, negli anni ’60, prima con Paul Bley poi con Keith Jarrett, e come non ricordare il sodalizio con Charlie Haden e potrei continuare così a nutrire una lunga lista. Tornando a questo cd, che sto ascoltando mentre butto giù queste righe, lo sento accarezzare i piatti, strofinare i tamburi con le spazzole. Mi affascina il suo personalissimo musicare con la batteria e mi colpisce l’energia quasi free di “Drum Music” un momento out rispetto all’ambient del resto dei brani alla fine del quale Motian presenta i suoi compagni di viaggio, in questa selezione di dieci brani tutti a sua firma tranne il reprise di “Be Careful it’s My Heart” composto da Irving Berlin. Ascoltando oggi questo cd avverto un’ inevitabile alone di tristezza che prima non avevo captato, probabilmente Motian quella sera era già a conoscenza del male che lo avrebbe portato via e sicuramente avrà ancora goduto per quella magica professione di musicista che le consentiva di essere lì in quel tempio del jazz newyorkese. Grazie Mr. Motian per tutto il jazz di questi anni.
Nessun commento:
Posta un commento