domenica 14 giugno 2020

Welcome Adventure! Vol.1



Daniel Carter / Matthew Shipp / William Parker / Gerald Cleaver

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di Giuseppe Mavilla

Daniel Carter, Matthew Shipp, William Parker sono tra i musicisti più rinomati della downtown newyorkese, la loro discografia si è pregiata nel 2018 di uno degli album più interessanti di questi ultimi anni. Si chiama Serafic Ligh a cui è seguita la realizzazione di questo Welcome Adventure! Vol.1 che vede aggiungersi al trio il batterista Gerald Cleaver. Un quartetto in tutto e per tutto stellare che propone un progetto che reca nel titolo il suffisso: vol.1, segno che si tratta di un lavoro che avrà un seguito. 

Con Carter, sax, tromba e flauto; Shipp al pianoforte e Parker al contrabbasso, la presenza di Cleaver è sicuramente un arricchimento. L’album che ha una durata, di qualche manciata di secondi, sotto i quaranta minuti presenta tre brani e si rivela piacevolmente godibile per il layout espressivo che il quartetto ha saputo coniare. Un’ opera che propone un’intensa interazione fra i protagonisti, dipanata attraverso un grande senso di armonia e una straordinaria capacità di accostare scrittura e improvvisazione, dimenandosi  tra numerose variazioni ritmiche ed ambientali. Il pianismo immenso di un musicista unico come Shipp e l’espressività imprevedibile e cangiante dei fiati di Carter trovano nella ritmica onnipresente e pulsante di Parker un riferimento irrinunciabile che, accanto alle dinamiche fantasiose e musicali di Cleaver, disegnano un mosaico di grande impatto sonoro.

Si inizia l’ascolto con “Majestic Travel Agency” con Shipp e Parker a condurre su un tema breve, poi entra Carter con un sax sinuoso e suadente mentre Cleaver da corpo e colore alla ritmica. Il flusso sonoro avanza in velocità, i quattro dialogano mirabilmente mentre l’ambient profuma di blues e swing. Poi il brano vira su climi soffusi con una parentesi quasi surreale in cui Parker impugna l’archetto. Quando arriva “Scintillate” si va in estasi, sembra di ascoltare per un attimo la tromba di Miles nei quintetti attorno agli anni sessanta, Shipp ricama con una ragnatela di note quella che sembra una ballad struggente e lirica ma ritmicamente incalzante.

Si chiude con la traccia più lunga, “Ear-regularities” con Carter al flauto,  imprigionata, per i primi tre minuti, in un esercizio di libera improvvisazione ancora in fase di avvio. Poi i cluster di Shipp daranno il flusso definitivo al brano che fluirà libero nei minuti rimanenti, denso di varie sfaccettature atte a suggellare la bellezza di album che ci induce già a chiederci come sarà il suo seguito.


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