Bill Dixon
Victo Records
Dopo aver postato la recensione di un’importante ristampa per la storia del jazz di tutti i tempi, quale ritengo sia Intents and Porpose, opera prima del compianto grande trombettista Bill Dixon, mi ritrovo ora a metter su, con un’inevitabile punta di tristezza la recensione dell’ultimo suo atto musicale: la registrazione del concerto tenuto da Dixon il 22 maggio 2010, poco meno di un mese prima della sua morte, in occasione del 26° Festival International de Musique Actuelle di Victoriaville in Canada. Dixon è infatti scomparso il 16 giugno del 2010 dopo pochi mesi dall’uscita del suo riuscitissimo e intenso Tapestries for Small Orchestra di cui potete leggere qui la mia recensione pubblicata sul numero 269 de il Giornale della Musica. In Envoi ritroviamo lo stesso gruppo di musicisti protagonisti del precedente Tapestry….. formato da Stephen Haynes, Taylor Ho Bynum, Rob Mazurek e Graham Haynes ai fiati; Glynis Loman violoncello; Michel Côté e Ken Filiano contrabbassi e Warren Smith vibrafono, batteria e percussioni. Due i brani in esso contenuti in forma di suite, che prendono il nome dal titolo del cd distinti come sezione 1 e 2 entrambi dalla durata intorno ai venticinque minuti seguiti da un breve epilogo finale, parlato, in cui Dixon ringrazia il pubblico. Il trombettista anche in questa occasione esibisce la sua inconfondibile cifra stilistica, il suo linguaggio che frantuma ogni schema precostituito, sia come tipologia che come struttura. Anche qui i timbri sonori sono gravi o lancinanti, le melodie brevi e frastagliate, i contrasti intensi e gli umori dirompenti o minimali. Siamo sempre più di fronte ad una concezione totale della musica, ad una distribuzione paritaria dei ruoli di ogni componente il gruppo, indipendentemente dallo strumento che ne traduce il lessico. Anche questa opera di Dixon somiglia ad un affresco pittorico dalle mille sfumature e dai contorni indefiniti con un elemento in più che si identifica nella dinamica cangiante ed invasiva, emotivamente parlando, verso chi ascolta. Indescrivibile comunque tutto il campionario espressivo di questo straordinario combo che esibisce una sezione di fiati imbevuta di estro e a secco di remore, un percussionista di enormi risorse, quale Smith da sempre è, un violoncello, quello della Loman che si fa puntiglioso e desideroso di protagonismo a fianco del contrabbasso entusiasmante di Filiano. Cos’altro aggiungere se non l’imprescindibile necessità di possedere quest’opera che chiude la preziosa serie di grandi opere di un artista certamente irripetibile nella storia della musica contemporanea.
Giuseppe Mavilla