A Simple
Lunch
Ripensare
l'opera di Zappa, riscriverne le partiture, riarrangiarne le parti,
reinterpretarla alla luce delle esperienze musicali che la storia della musica
ha evidenziato in questi anni è di certo una tentazione, un cruccio per ogni
musicista attento alla contemporaneità. L'esperienza dell'Orchestra Spaziale di
cui vado ad occuparmi è certamente una delle più positive in tal senso e giunge
a noi, adesso, grazie all'attività della A
Simple Lunch neo etichetta discografica indipendente con sede a Bologna,
diretta da Marco Dalpane, bolognese, musicista dalle ampie vedute e dalle mille
attività, attento alla classica così come alla contemporanea, al jazz e a tutto
ciò che ha a che fare con le sette note. Meets
Zappafrank è un progetto nato nel 2000 che, come racconta Giorgio Casadei
nelle note di copertina, fu suggerito dal musicologo Giordano Montecchi nell'ambito della rassegna Il suono e
l'onda in programma quell'anno a Reggio Emilia, il quale immagino un
omaggio al grande Frank Zappa e identificò nell'Orchestra Spaziale l'ensemble
ideale per poterlo realizzare. Un progetto dispiegatosi nei cinque anni
successivi con una serie di concerti ed esibizioni pubbliche per poi essere,
successivamente in studio, definito con una serie di revisioni e remix fino a
renderlo un'opera discograficamente fruibile. Una selezione di undici brani che
abbracciano i due periodi più significativi dell'era zappiana ovvero
l'esperienza con i Mothers of Invention e quella con il Joe's Garage che fa
rivivere lo spirito dell'indimenticabile Frank a partire dall'iniziale
“Regyptian Strut” pomposa e dilagante subita seguita dalla dirompente “Let's Make
The Water Turn Black” introdotta dal fraseggio lirico del sax tenore di Marco
Zanardi e che prelude all' esordio della singolare vocalità di Vincenzo Vasi in
“The Torture Never Stops” che ricorda, con la giusta enfasi, quella di Zappa ma
senza scontate scimmiottature. Straripante poi, nella seconda parte del brano,
il dialogo fra la chitarra di Alessandro Lamborghini e la voce dello stesso
Vasi in una orgia sonora lancinante e partecipata. Ogni brano, ogni frazione esecutiva
riporta viva e presente la magia del grande genio italo americano, pur nella
costante sovrapposizione, alle strutture basi dei brani, di dinamiche
jazzistiche che vedono riservare notevoli spazi all'improvvisazione. E’ ciò
accade, ad esempio, in “Uncle Meat / Right There” che vede in primo piano la
esclusiva dialettica del mai dimenticato Alfredo Impullitti al pianoforte. Sono
varie le peculiarità riscontrabili nei vari brani, nella maggior parte dei casi
densi di improvvisi cambi di tempo e di ambient, difficili peraltro da descrivere
in una recensione, allo stesso modo dei soli, senza rischiare di annoiare il
pur dedito lettore. Il tutto per il fatto che nel progetto sono stati coinvolti
ben 20 musicisti che si sono alternati nei vari concerti e tra i quali vanno
citati Giorgio Casadei che ha curato gli arrangiamenti e la direzione
orchestrale oltre a suonare la chitarra elettrica nonchè Marco Dalpane che ha
suonato in alcuni brani il pianoforte e le tastiere e curato la produzione
insieme a Riccardo Nanni. Quella che mi ritrovo ad ascoltare si delinea come
un’opera singolare e coraggiosa che va ascoltata senza pregiudizi e con dovuta
attenzione. Solo in tal modo è possibile carpirne la valida essenza.