Adasiewicz / Erb / Roebke
Veto
Ho avuto
diverse opportunità, in questi ultimi mesi, di ascoltare le produzioni del
sassofonista e clarinettista svizzero Christoph Erb, musicista fino a pochi
mesi fa a me sconosciuto e che ho scoperto grazie ad un contatto in rete
tracciato nei miei confronti dallo stesso. Questo è il quarto cd di cui scrivo
fra quelli da lui realizzati, potete leggere le recensioni dei precedenti
pubblicate qui, qui e qui, e anche questo è stato inciso al King Size studio di
Chicago questa volta in compagnia di Jason Adasiewicz al vibrafono e Jason Roebke
al contrabbasso. Cambiano i compagni di scena, come scoprirete se andate a
leggere le precedenti recensioni, ma non il gusto di improvvisare e di
dialogare senza nessun canone preordinato. Un incontro fra i tre datato
novembre 2013 avvenuto naturalmente nella città del vento, un incontro dilatato
attraverso una suite, da cui prende nome il cd, della durata di circa 43
minuti. L'intro è, come logico che sia, quasi da studio, un primo contatto per
coordinarsi per trovare territori comuni in cui l'espressività abbia una precisa relazione.
A tracciare il percorso è il tenore di Erb con i suoi fraseggi sinuosi,
imprevedibili per dinamica e timbrica, a volte al limite dell'udibile, altre
volte soffocati o inaspettatamente lirici, contrappuntati dalle pregevole
sonorità del vibrafono e puntellati dal contrabbasso. Ma in questa performance dopo
i primi otto minuti si incomincia a respirare un'atmosfera diversa dalle
precedenti esperienze che mi sono note nella discografia del musicista
svizzero. Avverto una piacevole omogeneità sonora, una convergenza spontanea su
un layout esente, quasi totalmente, da spigolature abrasive, un andamento
sempre più votato all'intreccio dei ruoli da parte dei tre attori unici
dell'atto performante. Dopo poco più di un quarto d'ora, dallo start d'avvio, i
tre musicisti proseguono con fluidità nello svolgimento della loro attività
d'interazione, lasciando subito dopo spazio ad una pausa minimalista affidata a
suoni appena pronunciati. Una breve pausa utile a riprendere l'interplay che
vede in primo piano sonorità intense che creano atmosfere surreali, con Erb che
passa al clarinetto basso, Roebke che impugna l'archetto e Adasiewicz a
chiudere il triangolo con le note cromatiche del suo vibrafono. La parte
rimanente ci riserverà ancora porzioni minimaliste, dialoghi in qualche momento
più intensi tra fiati e vibrafono ma rimarrà intatta quella fluidità e quella
leggerezza dialettica che già si avvertiva fin dall'inizio e che rende questa
produzione veramente speciale e riuscita. Un plauso sincero ai tre
protagonisti.