venerdì 7 settembre 2012

Idea F

Fazzini Fedrigo XY Quartet

nusica.org
                                                                       

Altra produzione, la terza, per l’esclusiva etichetta nusica.org ed anche questa volta, come la precedente, è un quartetto ad esserne protagonista. Si tratta del Fazzini-Fedrigo  XY Quartet, un’entità plasmata con rara perspicacia che annovera, oltre ai titolari Alessandro Fedrigo, basso acustico e Nicola Fazzini sax alto, Luigi Vitale al vibrafono e Luca Colussi, batteria. Un’idea, giusto per riprendere il titolo, certamente vincente  perché questo cd è un raffinato progetto che si muove come i precedenti, Solitario e Secondo Gradino, in quel teorizzato limbo a metà tra jazz e musica contemporanea, dove si rincorre, e qui se ne realizza un riuscito esempio,  la sintesi tra composizione e improvvisazione. Otto componimenti originali che assemblano eleganti armonie e un’infinità di vibranti interazioni, realizzate spesso nell’intimità di un duo o di un trio e plasmate sulle qualità e le intuizioni di quattro musicisti sempre in piena sinergia esecutiva. Otto composizioni dalla struttura elaborata ma nel contempo variegata e aperta all’esercizio improvvisativo dei suoi interpreti. Fazzini esplica il suo verbo fiatistico denso di frammenti virtuosistici ma fortemente espressivo e stilisticamente ineccepibile, accanto al conturbante cromatismo del vibrafono di Vitale e alla liricità ritmica del contrabbasso di Fedrigo, anche in questo caso asse portante di un’altra significativa opera di questa singolare etichetta. A completare un invidiabile mosaico la ritmica percussiva di Luca Colussi, ricca di un una costruttiva identità partecipativa che non va mai ad invadere altri campi a lui affini, fluorescente ed elegante, incisiva e indispensabile. Inutile soffermarsi sui singoli brani visto che è possibile ascoltarli e scaricarli in assoluta libertà dal sito nusica.org insieme alle relative partiture che danno ampia informativa sulla genesi di ognuno di essi. E’ bene che io ricordi che anche questa produzione, come le precedenti, è acquistabile sul sito dell’etichetta in formato cd.


domenica 29 luglio 2012

If Not – Progetto Guzman (omaggio a Mario Schiano)


Angelo Olivieri - Alipio C. Neto (doppio trio)

Terre Sommerse


Il progetto Guzman, nato da un’idea di Paolo Carradori, giornalista e insegnante di musica jazz, è dedicato ad uno dei musicisti più creativi del  jazz italiano: l’indimenticabile sassofonista  Mario Schiano deceduto nel maggio del 2008 che Carradori aveva conosciuto a Roma nel 1968. Un omaggio sentito e partecipato, realizzato nel 2009, per celebrare  il musicista napoletano e il quarantennale del concerto del suo trio svoltosi  ad Orbetello nel settembre 1969, peraltro organizzato dallo stesso Carradori. Un progetto che ora è diventato un cd grazie all’etichetta discografica Terre Sommerse che insieme a Carradori e alla ex moglie di Schiano, Rita Cosma,  ne firma la produzione. Un cd denso di riflessioni e stimoli che prendono vita dalla musica del sassofonista che ancora oggi si mostra attuale e ricca di intuizioni esclusive. Creatività e libertà espressiva furono le fondamenta dell’opera di Schiano e in questo album, che vede impegnato un gran numero di esponenti del jazz italiano, questi elementi sembrano perpetuarsi all’infinito. Ma vado per ordine e comincio con evidenziare la struttura primaria che caratterizza il cd che vede impegnati in contemporanea due terzetti di musicisti: Angelo Olivieri, tromba, Silvia Bolognesi contrabbasso e Marco Ariano, batteria, da una parte; Alipio C.Neto, sax, Roberto Raciti, contrabbasso e Ermanno Baroni, batteria, dall’altro. Sei musicisti protagonisti a turno in trio o insieme in sestetto che si contrappuntano, dialogano, si confrontano, con ampie parentesi improvvisative, sia sui brani originali che su quelli ripresi dal repertorio di Schiano. “If not ecstatic we refund” é riproposta  in due diverse versioni e poi ancora ritroviamo “A Sud” e “Song”. Le tracce originali firmate sia da Olivieri che da C.Neto ripropongono il climax inconfondibile del verbo di Schiano ma non tutto è stato ancora rivelato perché il cd è talmente ricco e articolato da apparire anche interminabile. Mi capita così di imbattermi in tre momenti estemporanei che vedono coinvolti altri musicisti oltre quelli già citati, ovvero: Giancarlo Schiaffini, Eugenio Colombo e Pasquale Innarella, ai fiati e Ivano Nardi alla batteria. Ma non è finita perché è bene non dimenticare un’ inusitata versione di “Lover Man”, la riproposta di “Dicitencello Vuje”, il classico della canzone napoletana, affidata all’estro vocal-jazz di Maria Pia De Vito e una breve, ma quasi fedele, reinterpretazione, per doppio trio, di “Accarezzame” di cui è autore il maestro Pino Calvi. Due momenti, quest’ultimi, che mi sembrano stridere con il resto dell’album e il cui inserimento nella selezione mi sento di non condividere. Due momenti che ritengo i soli nei di un’opera importante, al di là della componente celebrativa e affettiva nei confronti di Schiano, che esprime, proprio come il jazz del sassofonista, idee innovative e pulsanti….. materia fertile per il futuro del jazz italiano.

domenica 15 luglio 2012

The Bleeding Edge


Parker / Lee / Evans

Psi Records 


Un trio esclusivo quello formato dal sassofonista Evan Parker, dalla violoncellista Okkyung Lee e dal trombettista Peter Evans, tre musicisti di diversa nazionalità ed estrazione culturale, tre diversi percorsi musicali accumunati da una comune tendenza alla sperimentazione. Il primo è un veterano che non ha bisogno di presentazioni, la seconda, di origine coreana, vive ormai da quasi dodici anni a New York e respira i fermenti multiculturali di quella metropoli e in questi anni ha collezionato frequentazioni con musicisti di grande levatura tra i quali: Laurie Anderson, Nels Cline, Vijay Iyer, Ikue Mori, Lawrence D. “Butch” Morris,  Wadada Leo Smith, Tyshawn Sorey e John Zorn. Di Evans sarete già a conoscenza se leggete questo blog per via delle recensioni di “Gost” album a suo nome e di “Electric Fruit” in trio con il batterista Weasel Walter e la chitarrista Mary Harvolson. Il contesto di questa incisione dal vivo, ripresa il 4 maggio del 2010  al St. Peter’s Church Whitstable, nel Regno Unito, è una performance all’insegna della totale improvvisazione: poco più di sessantotto minuti immortalati in undici brani, sei dei quali interpretati in trio e cinque in duo. Ne sono interpreti tre musicisti avvinghiati in un gioco di eloqui sonori imprevedibili che da luogo ad una fitta ragnatela di interazioni in cui i suoni dei tre strumenti sembrano confondersi e scambiarsi le rispettive identità timbriche originarie. Un flusso sonoro lacerante che sorprende per improvvisi ma brevi squarci armonici con il sax di Parker maestoso e disarmante spesso impegnato al fotofinish con la tromba di Evans, musicista esageratamente illimitato nelle sue invenzioni fiatistiche. Tra i due si inserisce in splendida simbiosi la violoncellista coreana e la performance scorre densa di sorprese e invenzioni. I tre si muovono in ambiti che travalicano equilibri standardizzati e mirano ad instaurare un dialogo che viaggia sulle coordinate dell’avanguardia dove nulla è già sentito. Ogni episodio ha una sua caratterizzazione e una sua esclusività, sia quando ad esserne protagonista è l’intero trio ma anche quando si opta per un dialogo a due. Tra questi ultimi particolarmente riusciti mi sono sembrati “Duo 3” con protagonisti Parker ed Evans e “Duo 4” con la Lee ed Evans. 

venerdì 13 luglio 2012

Snakeoil


Tim Berne

Ecm


Il sassofonista Tim Berne approda alla Ecm e da vita a questo album a fianco di tre musicisti con  i quali lo scorso anno è stato tra l’altro in tournée anche in Italia. Identificati come Los Totopos oggi Oscar Noriega, clarinetti; Ches Smith, batteria e Matt Mitchell, pianoforte si liberano di questo appellativo rimanendo comunque a fianco di Berne in quello che può essere definito l’album che segna una sorta di svolta nella produzione del musicista di Syracuse. L’approdo all’etichetta tedesca è certamente una tappa importante per qualunque musicista e Berne la caratterizza con una produzione per certi versi ragionata, riflessiva, composita e di certo non esente di quel furore improvvisativo, alla Berne, che molti di noi conoscono. Sei composizioni strutturate con raziocinio ed equilibrio che inglobano temi raffinati, riff accattivanti e parentesi cameristiche. Composizioni intrise di un alto grado di interplay, sui quali si ergono gli spunti inventivi in primo luogo del leader, sempre espressivo e travolgente, con le sue incursioni fiatistiche. Ma Berne non è il protagonista assoluto della produzione e non il solo a brillare: il quartetto infatti si mostra perfettamente equilibrato per concezione musicale, per capacità interpretative, per condivisione di forme musicale stupendamente architettate che evidenziano una progettualità partecipata di tutto il quartetto. Inoltre Mitchell, Smith e Noriega esibiscono nell’arco delle sei composizioni tutte le loro singolari peculiarità con il pianista capace di liberare ritmo propulsivo a fianco dei due fiati ma anche prezioso cesellatore di un fraseggio cangiante, magnificamente aderente agli ambiti che di volta in volta si susseguono. E poi Noriega magnifico escursionista di tortuosi fraseggi e di corpose interazioni con il sax di Berne e non tralasciando Smith magistralmente capace di dare il contributo più calzante in ogni frangente delle sei parti dell’opera. Un’ opera che si ricorderà nel futuro come una delle più rappresentative del jazz di questi anni.

  

venerdì 8 giugno 2012

Weight


Yoni Kretzmer 2Bass Quartet

OutNow Recordings


E’ un quartetto dalla ritmica corposa e dall’espressività viscerale. Un quartetto pianoless ma con due contrabbassisti: Sean Conly e Reuben Radding; a completarlo il batterista Mike Pride e il sassofonista israeliano Yoni Kretzmer leader del combo nonché uno degli ideatori e promotori dell’etichetta OutNow Recordings che ha pubblicato questo cd. Si viaggia su territori free percorsi dal quartetto con grande impeto con il sax del leader a condurre le danze inframmezzando brevi frasi tematiche a lunghe incursioni improvvisative: lirico, straziante, vorticoso e fluorescente, questo il layout fiatistico di Kretzmer a tratti intriso anche di spiritualità. La consistenza ritmica del quartetto  nella sua singolare configurazione è poi anche il tratto distintivo del combo non solo per la costante attività propulsiva ma anche per l’interplay, a volte esclusivo, fra i due contrabbassisti. L’irruenza dinamica del traccia iniziale “Number One” è il sentore di un aspetto certamente predominante nell’ambient dell’intera selezione, con il sax lasciato libero a dissipare i suoi umori free. Il riff dell’intro di “Giving Tree” si spegne invece molte presto lasciando campo libero ad un dialogo fitto, quasi ipnotico, condotto da Kretzmer mentre uno dei contrabbassisti usa l’archetto. Dopo le nebbie soffuse di “Smallone” arrivano le sonorità distorte del sax del leader in “Again and Again” ben presto acquietate in un finale che lascia delineare un blues. Il resto passa attraverso l’ambient totalmente free di “Number Three” e l’interludio di eguale stampo, contrassegnato da una brusca interruzione, di “Detail” intervallate da “A bit for Peace” brano dal tema velatamente free-bop.  C’è fantasia, energia e urgenza espressiva travolgente in questo “Weight”….. impossibile privarsene.



 


venerdì 1 giugno 2012

There’s Nothing Better To Do


Albert Beger
Gerry Hemingway 

OutNow Recordings


Il sassofonista israeliano Albert Beger e il batterista americano Gerry Hemingway non si erano mai trovati a suonare insieme prima dello scorso 28 novembre 2011. E’ accaduto al Levontin 7 di Tel Aviv   e quando sono saliti sul palco per iniziare il concerto nulla era stato concordato e la performance  si è svolta all’insegna di un’oralità prettamente free. Oggi quell’incontro è immortalato in un’altra delle recenti produzioni dell’etichetta Outnow Recording nata per iniziativa di tre musicisti israeliani: Il sassofonista Yoni Kretzmer e i chitarristi, Yair Yona e Ido Bukelman e di cui già vi ho raccontato in occasione della recensione del cd WatchingCartoons With Eddie di Roy Campbell ed Ehran Elisha edito dalla stessa etichetta. Questo del binomio Beger-Hemingway è un album dall’eloquio intenso già dalla prima traccia “Staying Alert” perché ai due protagonisti sono bastate poche battute per comprendersi e intavolare un dialogo fitto e ricco di inventiva ora dell’uno ora dell’altro nell’ambito di una costante relazione. Un Beger passionale, straripante dai risvolti lirici inaspettati e un Hemingway dal drumming fantasioso, elegante, scoppiettante quando è necessario, ma sempre stilisticamente raffinato e sorprendente. Con “Let go of your mind” la loro foga improvvisativa regala un riff ostinato su un’inedita armonia danzante dal sapore mediterraneo, mentre in “Butterflies” si inventano un intrigante gioco di suoni minimalisti in cui usano anche la voce e che liberano attraverso una ritmica sussurrata contrappuntata dai fraseggi al sax di Beger. Nella penultima “Missing You” invece è un solo tribale di Hemingway a occupare la lunga introduzione che precede l’incursione di Beger in un interplay serrato tra sax e batteria che sfocia nel finale in un viscerale e improvvisato blues.  Improvvisazione estemporanea che libera energia pulsante.



 

sabato 26 maggio 2012

Natura Morta


Frantz Loriot
Sean Ali
Carlo Costa

Promnight Records


Gruppo e album portano lo stesso nome: Natura Morta; come gruppo sono un trio, Frantz Loriot, viola; Sean Ali, contrabbasso; Carlo Costa, batteria. Hanno base a Brooklin, New York dove il 27 gennaio di quest’anno hanno inciso un cd-r pubblicato lo scorso 15 marzo con quattro brani che loro definiscono “un’esplorazione di strutture musicali e di relazioni che scaturiscono da un’improvvisazione essenzialmente acustica”. E’ già chiaro da questo l’ambito in cui il trio si muove. D’altronde tutto ciò non può essere una sorpresa per chi conosce già il batterista romano Carlo Costa, da anni residente negli Stati Uniti o il violinista Frantz Loriot già componente il gruppo Baloni. In più se siete abituali frequentatori di questo blog avrete senz’altro letto le recensioni di Saturnismo del trio Minerva di cui è leader Costa e di Fremdenzimmer del trio Baloni di cui è invece componente Loriot è quindi avrete già un’idea dei percorsi musicali che amano intraprendere i nostri. In questo album però ci si spinge oltre l’immaginabile perché l’esplorazione compiuta dal trio esclude già a priori ogni ricorso a qualsiasi forma di estetica musicale per lasciare spazio ad un esercizio di ricerca e condivisione di suoni inusuali scambiabili, volontariamente o involontariamente, per rumori prodotti usando ogni strumento in modo altrettanto inusuale o ancora carpendo da questi, con metodi e tecniche di preparazione alternative degli stessi strumenti, sonorità esclusive  senza alcun utilizzo di apparecchiature elettroniche. Il tutto in una logica di assonanze di tonalità e ritmi da cui è impossibile prescindere. Il risultato è una sorta di suite  divisa in quattro parti che trasporta in un ambient dai colori grigio-metallo e dalle sonorità incredibilmente assimilabili ai rumori di una metropoli dei giorni nostri. La relazione instaurata dal trio è intensa per tutta la durata della suite, che supera di poco i trenta minuti nell’arco dei quattro brani, e alla fine ci si rende conto di trovarsi  ad ascoltare un’opera coraggiosa, estrema e che anticipa il futuro della musica creativa.



 

venerdì 25 maggio 2012

Secondo Gradino

Quartetto Terrestre

nusica.org

 

La seconda produzione dell’etichetta nusica.org è già on line e vede impegnato l’inedito Quartetto Terrestre formato da Alessandro Fedrigo al basso acustico, Giancarlo Bianchetti alla chitarra acustica, Achille Succi ai clarinetti e Carlo Alberto Carnevali batteria e percussioni. Non mi soffermo sulla filosofia dell’etichetta per la quale vi rimando al sito della stessa che vi consiglio di visitare e concentro le mie osservazione su quella che io ritengo una delle più riuscite produzioni musicali fin qui ascoltate in questo 2012. I protagonisti operano su dieci composizioni originali scritte appositamente per l’ensemble da Alessandro Fedrigo che per la stessa etichetta ha già realizzato l’album Solitario, potete leggerne la recensione qui. Ci si ritrova così ad ascoltare  raffinate partiture che sembrano accostare l’espressività rarefatta della musica da camera ad una dialettica jazz. Sono composizioni caratterizzate  da quelle che l’autore chiama strutture intervallari: una successione di micro-episodi cangianti per dinamiche e ambient. Ne sono un esempio “Protone” dalle geometrie spigolose, dalle sonorità ricercate e dall’interazione nervosa oppure “Space Jazz Astro Bop” con le sue intersezioni bop e i veloci svolgimenti. E ancora “Il Cerchio” dalle linee melodiche sinuose e toccanti così ben tracciate da Succi al clarinetto. Ci sono poi composizioni dalle strutture più coerenti, seppure articolate,  come l’iniziale “Daltonica Notte” suggestiva ed eterea nell’intro, armoniosa nel suo divenire reale e definita. C’è una notevole attenzione all’estetica musicale in questo lavoro  così come un continuo riferirsi al jazz che trova sublimazione nei due brani “Sim Gun” e “Bipede” dedicate rispettivamente a Charles Mingus e a Charlie Parker. Fluida e snella la prima, struggente e nostalgica la seconda, intrisa di una melodia che contiene tutte le note della “Anthropology” del grande sassofonista. Chiude le selezioni “Il compositore compone” a metà tra classica e avanguardia. Un lavoro questo del Quartetto Terrestre frutto di un’attività di ricerca operata in primo luogo da Fedrigo in sede di composizione e poi da tutto il gruppo durante la realizzazione del progetto. Quattro musicisti la cui caratura tecnica ed  espressiva è già ampiamente nota e che in quest’ambito si mostrano particolarmente ispirati ed in ideale sinergia come ci si può rendere conto andando ad ascoltare tutti i brani sul sito nusica.org. Da lì è possibile eseguirne anche il download in modo assolutamente legale, leggerne le partiture ed acquistarne il cd. Tutto questo è nusica.org, una risorsa imprescindibile per la musica di qualità.


Giuseppe Mavilla




 

mercoledì 16 maggio 2012

History of Jazz in Reverse

Fab Trio

Tum Records

 
 
Risalgono al 13 dicembre del 2005 le registrazioni degli otto brani contenuti in questo cd del Fab Trio composto da Billy Bang al violino, Joe Fonda al contrabbasso e Barry Altschul alla batteria. A distanza di sei anni queste incisioni sono diventate una produzione discografica ad opera della finlandese Tum che ne ha curato la pubblicazione sul finire dello scorso anno a circa sei mesi dalla morte dello stesso Bang. Una pubblicazione curata anche nella confezione con accluso un libretto che reca il ricordo degli amici Fonda e Altchul, le note di Bill Shoemaker e varie foto. Testimonianze di affetto e stima per il violonista sopravissuto alla guerra in Vietnam e alle inevitabili conseguenze psicologiche di una tale esperienza. Ma il soldato di fanteria, William Walker, questo il suo vero nome, non è riuscito ha combattere contro il male spietato che lo ha colpito negli anni seguenti a quella triste esperienza. Questo cd ci consente di riascoltarlo all’interno di un trio che celebra l’improvvisazione nella sua sfaccettatura più passionale e libera da ogni schema. I tre musicisti dialogono in perfetta sinergia regalando trame sonore in cui l’essenza interattiva viene sublimata dalle grandi capacità strumentali e interpretative che Bang, Fonda e Altchul sfoderano con grande partecipazione e rare doti stilistiche. Dall’articolato e dilungato “Homeward Bound” che apre le selezioni fino alla conclusiva “From The Waters of New Orleans” è un susseguirsi ininterrotto di episodi straordinaramente coinvolgenti densi di ritmo ma anche di liricità come l’omaggio in “Bea” alla signora Beatrice Rivers, moglie del sassofonista Sam Rivers a ricordo delle frequentazioni degli anni d’oro del free: poco più di cinque minuti di tenera introspenzione espressa con raffinata delicatezza da Bang al violino. E ancora l’inusuale ripresa della notissima “Chan Chan” del mai dimenticato Company Segundo e la composizione a sola firma di Bang “One for Don Cherry” dedicata ad al grande trobettista. Questi brani inframezzati alle composizioni estemporanee create da i tre cesellano I tratti una produzione altamente consigliata.


mercoledì 2 maggio 2012

Frog Leg Logic


Marty Ehrlich’s Rites Quartet

 Clean Feed Records


Il sassofonista Marty Ehrlich e il quartetto Rites, con James Zollar alla tromba, Hank Roberts al violoncello e Michael Sarin alla batteria. Una formazione identica per struttura a quella che il sassofonista Julius Hemphill impiegò per il suo Dogon A.D. vera pietra miliare della discografia jazz di tutti I tempi di recente ristampata e qui già recensita. Quella di Ehrlich è una produzione che brilla di luce propria e si scopre densa di essenze sonore on the road. Una produzione vissuta con pathos dall’intero quartetto per nulla in debito con il glorioso riferimento. Sette composizioni originali firmate dal sassofonista americano vero fulcro creativo del quartetto. Si inizia con il riff funky del brano che da il titolo al cd ben presto inglobato nelle geometrie free bop che il quartetto traccia con intenso vigore. Poi una struggente melodia introduce “Ballad” un blues viscerale e variegato nei ritmi. Si va avanti con le libere e cameristiche interazioni di “Walk Along The Way” e gli umori andini di “Solance” episodio di grande suggestione e di apertura verso orizzonti prettamente world con Ehlrich al flauto a dispensare fraseggi di rara raffinatezza e introspenzione in alternanza con la tromba di Zollar. La sezione ritmica con Roberts e Sarin completa il riuscito e variegato mosaico con il primo a raffozzare, quando impugna l’archetto, la sfaccettatura lirica e cameristica del combo e con il secondo ad imprimere un groove impetuoso agli episodi ritmicamente più incalzanti come la conclusiva “The Gravedigger’s Respite”.



venerdì 13 aprile 2012

Traditions and Clusters


Franco D’Andrea

El Gallo Rojo Records


Doppio cd dal vivo per il pianista Franco D’Andrea per documentare un intenso tour che lo scorso anno, quello del suo settantesimo compleanno, lo ha visto proporre il progetto in trio con Daniele D’Agaro, clarinetto e Mauro Ottolini, trombone e quello in quartetto con i fedelissimi Andrea Ayassot, sax, Aldo Mella, contrabbasso e Zeno De Rossi, batteria. Il trio, arricchito nei concerti dalla presenza del fantasioso batterista Han Bennink, per riproporre la tradizione attraverso un linguaggio attuale e senza rinunciare alle sonorità e alle dinamiche swing; il quartetto per proseguire il lavoro di sintesi di un linguaggio che ingloba modernità e avanguardia non tralasciando il passato. Il tutto si traduce in un equilibrio estetico che aiuta non poco a metabolizzare le intuizioni e l’acume jazz del musicista di Merano. Il titolo del lavoro suggerisce la probabile ricchezza del contenuto che si fa certezza già dalla prima traccia del cd n.1, una suite che include una esclusiva versione della “Turkish Mambo” di Lennie Tristano.  Poi l’oralità di “Cluster n.1-2-3” i primi con protagonista il quartetto e il terzo, un solo del leader. Il secondo cd cattura i due ensemble riuniti e la sintesi sonora è da apoteosi tra riproposizioni di composizioni del D’Andrea più recente come “Half The Fun” e le ulteriori riprese del brano di Tristano e della “Caravan” di Ellington.  




domenica 8 aprile 2012

Avenging Angel


Craig Taborn

Ecm Records


Per il pianista Craig Taborn, altra figura rilevante della scena jazz newyorkese, arriva l’appuntamento con una tappa quasi obbligata: il piano solo, e per di più con l’etichetta Ecm di di Manfred Eicher. Una registrazione tutta europea realizzata presso l’auditorio della radiotelevisione svizzera di Lugano con l’ingegnerizzazione del nostro Stefano Amerio. Taborn, da sempre abituato a cavalcare con evidente propensione i fermenti innovativi della scuola di Chicago, si vedano a tal proposito i suoi contributi alle produzioni di Roscoe Mitchell, nonchè gli umori avant della downtown, si mostra pronto a proporsi in totale solitudine. Le tredici tracce contenute nel cd spaziano tra i diversi orizzonti che costituiscono l’universo del piano solo. Il pianista infatti affronta con evidente scioltezza e capacità ambiti vari senza cedimenti di sorta riuscendo ad accostare l’oralità jazz ad una scrittura di stampo europeo.  E ancora: citazioni d’avanguardia e aree  di ampio respiro in cui spiccano frammenti di melodie che ricordano in qualche episodio  la sfera più intima del  Michael Nyman di alcuni anni fa e per finire anche episodi minimalisti alla Philip Glass. Un percorso variegato  di ricorrente intercambiabilità da metabolizzare ascolto dopo ascolto.


lunedì 2 aprile 2012

Double Demon


Starlicker

Delmark records


Questa degli Starlicker è una altra geniale intuizione di uno dei musicisti più prolifici di questi ultimi anni. Il trombettista Rob Mazurek ne ha infatti inventata un’altra delle sue: un trio tromba, vibrafono e batteria, quest’ultimi affidati rispettivamente alle gesta dell’onnipresente, quando si parla di vibrafono, Jason Adasiewicz e a quelle di John Herndon gia membri di altri ensemble insieme con Mazurek. Qui i temi sembreranno banali, quasi degli jingles dalla melodia semplice, a volte scontata, contrappuntati da una ritmica ossessionante che unisce vibrafono e batteria. E da qui si dipartono le parti improvvisate affidate a turno alla tromba e al vibrafono o all’intreccio degli stessi con l’incalzante drumming di Herndon che ben supporta i trasbordi all’unisono della tromba del leader. Suggestiva come sempre la timbrica del vibrafono che qui assume una connotazione intrisa di nudità sonora per la mancanza di un contrabbasso a supporto. Ascoltate la seconda traccia del cd “Vodou Cinque” dagli orizzonti indefiniti e dall’atmosfera a metà fra l’ipnotico e il trascendente o “Andromeda”, frenetica, urbana, ossessiva e infinita. E ancora la magmatica “Triple Hex” tra le cui fumogene elucubrazioni prende vita l’ennesimo riff della tromba di Mazurek. Vola in alto il trombettista a disegnare percorsi di libero girovagare nel pentagramma prima di ricomporsi nella consueta semplicità del riff iniziale. Sei tracce in tutto per poco meno di quaranta minuti intensi e col fiato alla gola.


 

domenica 1 aprile 2012

Accelerando


Vijay Iyer Trio

Act Records


Il pianista indiano Vijay Iyer è da sempre uno dei musicisti più innovativi della scena jazz di Brooklyn. A lui si guarda come una fonte di energia vitale per lo sviluppo del jazz contemporaneo. Questa sua recente produzione per l’etichetta tedesca Act prosegue il lavoro intrapreso con l’ottimo Historicity del 2009 e fa seguito al validissimo Solo del 2010. L’elemento primario su cui Iyer concentra la sua ispirazione è il ritmo inteso come movimento, frenesia, danza, aspetti insostituibili nella vita di tutti i giorni. Non a caso nelle note di copertina il pianista così definisce il cd: "Questo album è il lignaggio della musica americana creativa basata su ritmi di danza." A coadiuvarlo in questa interpretazione moderna del classico piano trio troviamo Stephan Crump al contrabbasso e Marcus Gilmore alla batteria due musicisti che interpretano in maniera perfetta la filosofia di Iyer che mette insieme undici tracce tra originali e riproposizioni dimenandosi tra un’ossessione ritmica costantemente in crescendo e un esercizio armonico di raffinato impatto. Il trio esordisce con la snella “Bode” una sorta di genesi ritmica che preclude alle seguenti “Optimism” e “The Star Of a Story” in cui il ritmo prende forma quasi ipnotica in un continuo crescendo  spezzato solo da cellule di armonie a cui da alito oltre al pianoforte del leader il contrabbasso di Crump. Con la quarta traccia il pianista estrae dal suo magico cilindro una magistrale riproposizione di un hit del compianto Michael Jackson.  E’ “Human Nature” una autentica perla la cui armonia lirica e ritmica viene prima cesellata con minuziosa cura e successivamente decostruita e ricostruita tra mille micro variazioni. Poi Iyer pesca nel repertorio del grande e artisticamente introverso Henry Threadgill reinterpretando “Little Pocket Size“ restituita, pur nella esiguità strumentale di un trio, in tutta la sua complessità e caratterizzata da sonorità più nette e ricercate e una ritmica sempre e comunque in crescendo. Sono tre composizioni inedite del leader consumate in un ambient pulsante e fluorescente a precedere  l’ultima traccia la magistrale “The Village of Virgins” di Duke Ellington che mi catapulta dentro un ritmo gospel...... inebrio e goduria a chiusura di una produzione di disarmante bellezza.



mercoledì 28 marzo 2012

Screenplay


Cirinnà quartet
feat. Dino Rubino

Anaglyphos Records


Il mio primo contatto con il progetto Screenplay del sassofonista Rino Cirinnà è datato 23 febbraio 2012, data in cui il musicista ha presentato questo suo ultimo cd nell’ambito della rassegna in corso al MIllennium Club di Scicli.  Con lui c’erano Danilo Rubino al pianoforte, Tony Arco alla batteria e Lucio Terzano al contrabbasso, lo stesso quartetto che ha inciso questo cd.  Un quartetto stellare, in totale simbiosi, che condensa nel suo linguaggio tradizione e modernità per dare vita ad un’espressività jazz intrisa di raffinate geometrie interattive, di un cadenzato alternarsi di temi ed improvvisazione, di fraseggi a volte volutamente scomposti per inglobare i rivoli estrosi di un batterista dirompente come Tony Arco. Dirompenza attinente e variopinta oltre che spettacolare che mostra un musicista totalmente rapito dalle dinamiche esecutive. Un quartetto guidato con raffinato raziocino da un sassofonista sorprendentemente misurato e composto nel suo eloquio fiatistico ma certamente esaustivo del  bagaglio tecnico-jazzistico che evidenzia i suoi trascorsi oltreoceano e la sua profonda conoscenza della musica afroamericana. Il combo, come nella formazione live, include Lucio Terzano, al contrabbasso, stilisticamente ineccepibile e di grande sensibilità musicale, con un carnet di collaborazioni assolutamente prestigioso e  Dino Rubino, al pianoforte, oramai assorto al ruolo di musicista maturo e determinante in ogni ambito in cui viene coinvolto. Sette le tracce incluse nel cd, che confermano quanto di valido avevo già notato nell’esperienza dal vivo, tutte dalla struttura articolata in bilico fra hard bop, mainstream e modern jazz, tutte di elevata fattura,   con punte eccelse in “Big on Trio”  ricca di umori cangianti, in “Modaldino” impreziosita dall’intrigante riff che alimenta il dialogo tra pianoforte e sax  e in “Behind” tra echi di Evans e sfaccettature liriche.

venerdì 23 marzo 2012

Gente a Sud


Amanita

Zone di Musica



In botanica il termine amanita è riferito ad un genere di funghi dalla struttura eterogenea, potete approfondirne la tematica su questo link, ma da qualche mese Amanita è anche il nome di un  gruppo italiano, un trio del sud italia che non a caso ha  intitolato questo primo cd con l’identificativo Gente a Sud. I protagonisti sono Raoul Gagliardi, chitarra elettrica, Carlo Cimino, contrabbasso e Maurizio Mirabelli, batteria. Una combinazione dalla struttura standardizzata ma dalle sonorità accattivanti, certamente ben definite, che dispiegano colori solari e armonie facilmente assimilabili. Nove tracce confezionate con gusto ed equilibrio nel tentativo di esprimere una sfaccettatura jazz che in qualche modo si delinea nell’interplay che i tre riescono ad instaurare e negli intervalli lasciati all’estro dei singoli che risultano abilmente collocati nell’ambito delle strutture dei brani. Melodie circolari, ostinati dai ritmi danzabili, affidati all’espressività della chitarra elettrica di Gagliardi e contrappuntati dal costante e redditizio lavoro del contrabbassista Cimino. Lo strumento acustico acquista una identità esclusiva accostato alla sei corde elettrica e la formula risulta felice e azzeccata per l’intero trio che ha nel percussionismo puntuale di Mirabelli l’ottimale completamento del mosaico strumentale. Altro dato che caratterizza la cifra stilistica degli Amanita è il richiamo, o per meglio dire, la ripresa e quindi la riproposizione, di ritmi della cultura popolare del sud italia. Il trio riesce a fondere insieme moderne geometrie jazzistiche con ritmi etnici e l’ascolto dei brani risulta gradevole e fruibile senza troppo impegno. Ciò accade per tutte le nove tracce tra le quali mi piace segnalare la danzante “Brugal”, la suggestiva “Arance Rosse”, la pulsante “Gente a Sud” da cui prende il nome l’intero cd e l’originale versione di “Centro di Gravità Permanente” pescata nel soogbook di Franco Battiato e riproposta con gusto e attinenza all’intera produzione.


 

mercoledì 21 marzo 2012

Novela


Tony Malaby
Arrangements by Kris Davis

Clean Feed


Il sassofonista Tony Malaby si concede una pausa compositiva e ripone attenzione ad alcuni brani del sue passate produzioni. Di queste ne sceglie sei affidandone la riscrittura degli arrangiamenti alla pianista Kris Davis. Nasce così questo Novela che il musicista originario dell’Arizona, oggi newyorkese d’adozione,  interpreta al soprano e al tenore con la stessa Davis al pianoforte, John Hollenback alla batteria e con una corposa sezione di fiati che vede affiancati: Michael Attias, sax alto; Andrew Hadro, sax baritono; Joachim Badenhorst, clarinetto basso; Ralph Alessi, tromba; Ben Gerstein, trombone. Sei riproposizioni che ridanno linfa nuova a brani già di per se di alta fattura. Ma quello che più colpisce in queste reinterpretazioni sono la varietà delle trame musicali, i continui mutamenti d’atmosfera e le strutture articolate dei brani che alternano momenti lirici caratterizzati  da interventi corali dei fiati, tensioni d’avanguardia, geometrie da big band e suggestivi ambient bandistici in varie occasioni sfaccettate da umori circensi. In tutto questo risalta in modo preponderante il lavoro svolto dai fiati il cui front-line è l’elemento caratterizzante l’intera produzione, opposto ai contrappunti vigorosi espressi dagli interventi al pianoforte della Davis che a giudicare dal risultato finale ha saputo assolvere in modo ottimale all’incarico affidatogli da Malaby. Questi, dal canto suo, da, ancora una volta, ampia dimostrazione della sua identità jazz nonché della variopinta gamma tonale del suo layout fiatistico: viscerale, intenso, dirompente e dialettico, qui  come non mai impegnato com’è a confrontarsi con un nutrito quintetto di fiati. Arduo descrivere a parole l’ampio mosaico architettato dalla Davis per questa rilettura dando atto anche del prezioso contributo ritmico e fantasioso che Hollenback si inventa in una circostanza che lo vede orfano di un contrabbassista. Un’opera assolutamente da ascoltare per l’immensa essenza jazz di cui è intrisa.


martedì 6 marzo 2012

Long Pair Bond


Sunna Gunnlaugs

Sunny Sky Records


Arriva dall’Islanda la pianista Sunna Gunnlaugs in trio con Þorgrímur Jónsson al contrabbasso e Scott McLemore alla batteria per una produzione in cui sembra voler ricapitolare quanto metabolizzato musicalmente in questi ultimi anni. Dalle esperienze in America nell’area newyorkese a un certo modo di concepire il jazz in Europa con riferimento privilegiato per il sound Ecm non dimenticando gli elementi propri della cultura musicale popolare della sua Islanda. Quello che ne viene fuori è una selezione di dieci brani dalle strutture preordinate e dalle sonorità raffinate contraddistinte da ritmiche mai incalzanti, tipicamente da ballad. Si apprezza il pianismo della Gunnlags dall’espressività pronunciata e dalle geometrie cangianti sempre dialogante con gli altri due componenti il trio in un interplay fitto e in perenne relazione con una sezione ritmica che sa costruire sequenze temporali intrise di una densa musicalità. Jónsson al contrabbasso si mostra in grado di tracciare fraseggi armonici piacevolmente articolati mentre McLemore sa ispessire con gusto e notevole sensibilità i passaggi più intensi dell’intera selezione.  Tutto scorre con fluidità alternando giochi di contrappunti e melodie dai risvolti struggenti in un ambient che a volte evidenzia una sfaccettatura tipicamente jazzistica altre volte delinea i contorni di partiture che potrebbero essere state composte a sostegno di ipotetiche sequenze filmiche. Numerosi gli episodi che meritano una citazione e che elevano il livello qualitativo dell’intera produzione a partire dalla iniziale title track, dal fraseggio elegante e cantabile, passando per la jazzistica “Crab Canon” e per la struggente "Fyrir Brynhildi" intrisa di umori folk e non dimenticando le sottili sfaccettature liriche delle successive “Safe from The World” e “Not What But How. Da gustare un po’ alla volta, ascolto dopo ascolto.



venerdì 24 febbraio 2012

Saturnismo


Carlo Costa – Minerva

Between The Lines Records


 Appare intrisa di un’espressività indefinibile la musica di questo cd firmato dal batterista romano Carlo Costa, oramai da anni cittadino di Brooklyn, in New York. A rivelarlo sono già le prime note di Saturnismo produzione discografica realizzata con il trio Minerva che include il pianista JP Schlegelmilch e il contrabbassista Pascal Niggenkemper. Già dalla prima traccia, che prende il nome dal titolo dell’intero cd, si avverte l’intento del combo di non dileguarsi per vie usuali e così   il percorso si fa frastagliato tra cambi di tempo e climi, con accenni a possibili esercizi armonici o a improvvisi contorsioni dinamiche. Costa esprime un drumming elegante e fluido contrappuntando i fraseggi di Schlegelmilch al pianoforte e i sollazzi inventivi di Niggenkemper al contrabbasso. “Dream Machine” numerata come quarta traccia della selezione è ritmicamente meccanica, oscillante tra minimalismi e ostinati, il pianoforte traccia colori acquatici sul tappeto setoso liberato dall’archetto del contrabbasso; “Let’s  Go I Don’t Know” ci regala umori free bop mentre “Plateau” sembra tracciare un percorso luminoso in un pentagramma grigio. Poi arriva “Nocturnal Patterns” persa in un oscuro universo denso di frammenti sonori che si intersecano senza mai sovrapporsi, intervallate da pause silenziose o appena sussurrate. Si ricompone il tutto  negli ultimi tre episodi di cui segnalo in particolare “Moth” dalle dinamiche essenziali e dal lessico sofisticato pur aderente a un ambito caratterizzato da un’essenza di sobrietà che non viene mai meno e che sembra pervadere l’intero cd. Tre musicisti il cui linguaggio è certamente influenzato dai luoghi in cui essi operano tra mille stimoli e fermenti innovativi che in questa esperienza discografica sembrano voler filtrare attraverso una cultura musicale europea che Costa e Niggenkemper si portano dietro perché entrambi provenienti dal vecchio continente. Qui incontrano la caratura jazz a stelle e strisce di Schlegelmilch pianista che pur suonando jazz non ha mai rinunciato agli studi classici sullo strumento. Il mosaico che ne scaturisce brilla per originalità e per l’esclusiva identità e nel contempo affascina perché imbevuto di una costante attività di ricerca che i tre perseguono incondizionatamente.