Mike Reed’s Loosy Assembly
482 Music
Il batterista e compositore Mike Reed, trentaseienne, è uno degli attuali esponenti della scena d’avanguardia di Chicago nonché membro dell’ AACM (Association for Advancement of Creative Musicians) di cui è stato nominato vicepresidente nel 2009. Componente della Exploding Star Orchestra ha realizzato lavori di rilievo con il quartetto “People, Places & Things” rielaborando il jazz in auge a Chicago nella seconda metà degli anni ’50 e realizzando in questo contesto ben tre cd: Proliferation, About us e Stories and Negotiations. Questo Empathetic Parts invece è frutto della registrazione live di un concerto tenuto nel novembre 2009 al Hideout di Chicago in occasione dell' Umbrella 2009 Music Festival di Chicago. Accanto a Reed c’è questa volta la Loosy Assembly: Greg Ward, sax alto, Tomeka Reid, violoncello, Jason Adasiewicz, vibrafono, Joshua Abrams, contrabasso a cui si aggiunge un ospite importante che unisce il passato e il presente dell’ AACM: Roscoe Mitchell, alto sax, soprano sax e flauto. La lunga prima traccia, 33 minuti e quarantanove secondi, che da il titolo al cd, concepita con lucida progettualità dal batterista-leader, consiste in un breve tema composto da Reed e affidato all’inventiva dei suoi compagni di scena. Oltre al tema il leader detta ad ognuno di loro una serie di regole da seguire nello sviluppo dell’improvvisazione soffermandosi su alcuni elementi ben precisi quali: toni prolungati, puntillismo, oscillazione, ostinati, tempi liberi e pause. Forte di questi dettami il gruppo si muove attraverso un’interazione fortemente intrisa di empatia alternando atmosfere cameristiche, con in evidenza il violoncello della Reid, ad un groove prettamente jazzistico che si materializza in tutta la sua fluida dinamicità quando a menar le danze è la sezione ritmica. Ed è qui che viene fuori la mutante contrapposizione che caratterizza le varie fasi evolutive del brano, un intreccio continuo fra climi rarefatti e controllate tensioni che aprono improvvisi squarci intimistici per dialoghi, in trio o in duo, fra le varie anime del sestetto. L’empatia fra le parti produce nel contempo un naturale equilibrio partecipativo fra tutti i musicisti cosicché lo stesso Mitchell, seppure inconfondibilmente individuabile per la timbrica asciutta del suo strumento, per il suo incedere obliquo, per una certa ruvidità di toni, non va mai a caratterizzare in maniera assoluta la struttura esecutiva del brano. In chiusura Reed e soci ripropongono "I'll Be Right Here Waiting," inciso negli anni settanta dagli Air di Henry Threadgill ed è un ulteriore impinguarsi della reale constatazione di trovarsi di fronte ad una delle migliori incisioni da me ascoltate di questo 2011.